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La motivazione.

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Nuttin nel 1973 ci spiega la motivazione come una serie di processi coinvolti nella determinazione del comportamento; la motivazione è quindi uno stato interiore in virtù del quale un organismo intraprende una determinata azione.

In letteratura, i concetti relativi alla motivazione possono essere distinti in due grandi gruppi, a seconda che guardino al polo interno (l’impulso e la tendenza dell’individuo) o al polo esterno (valenza specifica dell’oggetto). Al primo gruppo appartengono concetti come bisogno, tensione, drive (stato temporaneo dell’organismo prodotto dalla mancanza di qualcosa di necessario o da una stimolazione dolorosa che decresce nel momento in cui viene raggiungo l’obiettivo), istinto, ecc.. mentre al secondo concetti come valenza, valore, valore affettivo, e così via.

Gli stati pulsionali che determinano il comportamento si distinguono in stati pulsionali momentanei (desideri, bisogni, intenzioni), e disposizioni motivazionali stabili definite come tratti stabili della personalità che innescano un processo di pensiero sulle opportunità da sfruttare per il raggiungimento di un determinato obiettivo. Nel processo motivazionale intervengono incentivi (estrinseci e intrinseci) ovvero ricompense che muovono verso scopi e obiettivi.

Nello studio sulla motivazione sono stati riconosciuti diversi livelli, sulla base dei concetti ad esempio di riflesso, istinto e pulsione.

I riflessi sono definiti come forme di attività dell’organismo biologico in reazione a stimoli esterni e/o interni; gli istinti sono sequenze comportamentali automatiche dirette verso una meta in relazione a sollecitazioni ambientali; le pulsioni sono forze interne dell’organismo correlate a una serie di bisogni naturali, non costituiti secondo una sequenza standard poichè intervengono la rappresentazione in termini sia cognitivi sia motivazionali e le modalità strumentali per la soddisfazione, pertanto non costituiscono una sequenza prefissata.

Pulsione e bisogno, inoltre, solo all’apparenza risultano due concetti interscambiabili poiché la pulsione è una spinta interna determinata da aspetti biologici, mentre il bisogno è ciò che fornisce contenuto concreto alla spinta.

I bisogno quindi non appaiono connessi con le pulsioni fisiologiche, ma con aspetti complessi della vita umana (es valori astratti) e possono dipendere dalla relazione con il mondo sociale.

Nel dibattito contemporaneo si considera la motivazione come quel qualcosa che crea, dirige e finalizza il comportamento umano e soprattutto, non c’è più separazione tra emozione e motivazione ma anzi, la motivazione viene studiata in intreccio/relazione all’emozione provata.

Viene attualmente considerato un sistema unico cognitivo-motivazionale-emotivo all’interno del quale la motivazione al raggiungimento di uno scopo origina il comportamento e, una volta raggiunto (o meno) lo scopo, si genera un vissuto emozionale che a sua volta determina (rinforzando o meno), il comportamento.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

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Psicopatologia in Pillole: Disturbo Fittizio.

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Capita – non di rado- che medici (soprattutto nell’ambito della medicina generale), si trovino a dover curare persone che lamentano di continuo, un qualche disturbo.

Si assiste, in sostanza, a pazienti che pur senza una reale causa, una patologia conclamata, si sottopongono a continui trattamenti e cure. Probabilmente il motivo è ottenere un qualche vantaggio secondario..

Proviamo insieme ad analizzare la questione.

Il disturbo fittizio comporta la messa in atto, da parte del soggetto coinvolto, della riproduzione e/o finzione di sintomi fisici per il desiderio di assumere il ruolo di paziente. Il disturbo fittizio è conosciuto anche come Sindrome di Munchausen (ne ho parlato in passato ma nella versione per procura).

I soggetti con disturbo fittizio spesso esagerano i loro sintomi per dare l’impressione di avere una vera malattia; usano lassativi con lo scopo di provocarsi gravi sintomi intestinali, usano farmaci per provocarsi emorragie, si auto procurano febbre, e così via. Uno studio condotto su pazienti con “febbre misteriosa”, evidenziò che il 9% di loro aveva un disturbo fittizio (Feldman at al., 1994).

Questi soggetti mostrano una conoscenza stupefacente della medicina e arrivano persino a sottoporsi a interventi chirurgici. Quando messi innanzi alla patologia inesistente, negano magari firmano il foglio di dimissioni dell’ospedale per poi andare a ricoverarsi (nello stesso giorno), presso un’altra struttura.

Il disturbo è maggiormente presente tra le donne, ma i casi molto gravi sono maggiormente presenti negli uomini.

I disturbi fittizi sono maggiormente diffusi tra i bambini che sono stati sottoposti a cure prolungate per problemi di salute; tra coloro che provano risentimento verso la professione medica; coloro che hanno lavorato come infermieri, tecnici di laboratorio o supporto medico.

Molti hanno uno scarso sostegno sociale o comunque poche relazioni sociali.

A oggi non si conoscono ancora le cause specifiche che portano a questo disturbo e un grande problema concerne la stima circa la reale entità/presenza di un disturbo fisico su quello psicologico; si ha in sostanza difficoltà a stimare se sia primario il disturbo psichico o eventualmente uino fisico.

La comorbilità è con la depressione, scarso sostegno genitoriale durante l’infanzia e estremo bisogno di sostegno sociale non disponibile.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio