“Dottoressa ma quando ti dicono che di te non si dimenticano.. cioè.. quanto può durare il ricordo.. Quanto posso essere certa che la persona si ricorderà – per davvero- di me?”
La ragazza girava intorno a un pensiero continuo e costante “lui dice che di me non si dimentica però non c’è. E’ assente. E’ fantasma. Non so più che fare”.
Accade – spesso- che alcune persone decidano di riempire lo spazio dell’altro; uno spazio altro, uno spazio vitale che viene a perdere la sua connotazione di libertà per diventare enclave dominato dal pensiero assillante dell’altro.
L’altro intrude con (pre)potenza.
“Di me lui non si dimentica” e accade che nel mentre lui/lei sia assente il tuo spazio, riempito dagli ossessivi pensieri, diventa non più terreno noto e conosciuto, isola della propria psiche, ma terreno conquistato da una estraneità che diventa sempre più inquietante.
Nel mentre – poi- il pensiero si fa nebbia intorno al perno centrale “ma di me si ricorda?”, la eco che reca con sé, forma immagini negative e devastanti nella mente.
Il pensiero crea l’immagine e l’immagine porta la sensazione inquietante di non esser più padroni del proprio sentire.
Non potrò mai dire alla ragazza se “lui si ricorda”; ho preso però atto, dal suo raccontare ,che lui non c’è.
“Se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti. Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi.”
Gino Strada.
Le mie magliette, le manifestazioni, gli articoli di giornale e quel sogno… rimasto un po’ così..