
L’approfondimento odierno intende trattare un tema complesso e attuale. Nei nostri studi entriamo sempre di più in contatto con quelle che sono state delle famiglie e che adesso, nel tempo presente, si presentano come luoghi battaglia; terra di nessuno esposta all’astio, violenza e aggressività.
E’ sempre devastante incontrare lo scontro della fine di un amore ma ancor di più è devastante osservare le lacrime di bambini e ragazzini che se si fingono forti -nelle mura domestiche- dove avvengono le battaglie, crollano senza sosta tra le mura della stanza d’analisi.
Analizziamo allora cosa accade quando si passa dalla nascita del primo figlio alla separazione.
La nascita del primo figlio implica la creazione di un nuovo sottosistema (quello genitoriale) così come la creazione di nuovi legami di attaccamento e la ridefinizione dei rapporti con la propria famiglia d’origine.
Le coppie in cui i partner non hanno completato il proprio processo di individuazione dalla famiglia di origine e quindi non hanno sviluppato la capacità di ascolto e di accettazione dell’altro come persona né la capacità di cooperazione, molto probabilmente non riusciranno a “fare spazio” (emotivo, affettivo o relazionale) per il nuovo membro della famiglia.
Si tratta di coppie che sembrano bloccate in uno spazio fusionale in cui non c’è spazio per il figlio. In queste coppie, l’unico modo per riconoscere l’altro (il bambino) che diviene un elemento esterno alla fusionalità che tiene legati i membri della diade è “creare” una frattura tra i due partner per ricreare una nuova coppia fusionale: quella genitore-bambino.
Il figlio può quindi essere amato, conosciuto e riconosciuto solo dopo che è stato fatto fusionalmente proprio da uno dei due genitori.
In questo caso si può arrivare all’allontanamento fisico e emotivo dal partner essendo impegnati nella relazione fusionale con il proprio figlio: ecco che in questo caso si giunge alla separazione.
Una delle configurazioni maggiormente riscontrabili comporta che dopo la separazione, uno dei due partner rientri nella famiglia d’origine.
Questa scelta di solito è sostenuta da motivi di ordine pratico ma può essere interpretata come il simbolo della scarsa capacità del singolo di organizzare la propria vita personale.
In questa delicatissima fase, le famiglie d’origine vengono di solito altamente coinvolte nella nella vita dell’uno o altro partner tanto che spesso proprio la famiglia d’origine diviene il sostituto del partner perduto (i nonni accudiscono il figlio in luogo dell’ex partner insieme al figlio/a).
Le famiglie d’origine, inoltre, entrano a gamba tesa nel conflitto coniugale schierandosi con il proprio figlio e contro l’ex (di converso l’ex spesso accusa per esempio gli ex suoceri come i responsabili della fine del proprio rapporto coniugale).
E’ in questo momento che arriva la richiesta di separazione.
Nelle situazioni conflittuali parliamo di chiasma familiare quando il figlio è al centro di dinamiche relazionali disfunzionali quali la triangolazione e la coalizione tra le due famiglie.
Il minore della famiglia separata a relazione chiasmatica, occupa un ruolo particolare perché da un lato è simbolo dell’unione indissolubile tra le due famiglie (di fatto impossibile) dall’altro l’elemento scatenante del conflitto. Il figlio è al centro del chiasma e ciascuna famiglia ne reclama l’appartenenza al proprio clan. Ne consegue che nel corso del suo sviluppo, il bambino non potrà integrare in un’unica rappresentazione le sue radici e la sua storia a discapito del suo senso d’identità e della percezione della sua continuità.
Cosa accade quando la famiglia si separa durante l’adolescenza?
L’adolescente è impegnato dei due principali compiti di sviluppo ovvero individuazione e separazione dalla propria famiglia, ne consegue che durante questa fase del ciclo di vita si vivano continui lutti, separazioni, abbandoni e identificazioni.
Contemporaneamente i genitori, come coniugi, sono impegnati nella ridefinizione della relazione di coppia e, come individui, nell’elaborazione della crisi dell’età di mezzo.
L’adolescenza dei figli accresce, nei coniugi, il senso di perdita delle loro possibilità procreative.
Questa fase della vita familiare è delicata perché si tratta di attraversare un lutto intergenerazionale che comporta il distaccarsi da quella struttura familiare che era funzionale all’infanzia dei bambini per affrontare proprio la separazione/individuazione che ora i figli adolescenti richiedono. In questa fase così caotica si situa spesso la separazione dei coniugi tanto da comportare una doppia separazione per la famiglia.
I genitori impegnati nella fine del loro rapporto personale, sono meno inclini e propensi ad accogliere le richieste di un adolescente spaesato che ha -invece- proprio in questo momento bisogno più che mai di attenzioni; accade allora che non di rado questi adolescenti abbandonati arrivino ad attuare condotte devianti o comportamenti sintomatici che vengono poi usati da uno dei due ex partner per ottenere qualcosa in fase di separazione “E’ colpa tua se Marco ha gli attacchi di panico! voglio più soldi per pagare la terapia!”
Le famiglie con adolescenti dovrebbero presentare una maggiore demarcazione dei confini per permettere i processi di svincolo tra genitori e figli ma, in caso di separazione, i confini possono diventare confusi così tanto da impedire lo svincolo.
Il genitore affidatario può “sedurre” il figlio (per esempio promettendogli cose e viziandolo) così da portare il ragazzo alla collusione a discapito dell’altro genitore. Queste dinamiche diventano più probabili quando il figlio resta solo con un genitore formando una famiglia monogenitoriale dove l’altro è praticamente assente.
La famiglia monogenitoriale.
Frequentemente in caso di separazione1 il figlio è affidato alla madre. Tendenzialmente accade che il padre ha magari una nuova compagna e decide, volontariamente, di non voler vedere più i propri figli2. In altri casi assistiamo a quella che prende il nome di sindrome di alienazione genitoriale (Gulotta,1998), per cui il genitore affidatario mette progressivamente in atto una serie di comportamenti volti a svalutare e denigrare l’altro genitore.
Altre volte può accadere che la madre, rimasta sola, viva la difficoltà nella gestione dell’autorità che prima era rivestita dal padre ora assente. Altre volte accade invece che si arrivi a una relazione troppo invischiata tra figlio e madre giungendo il figlio a vivere una relazione con la madre (sul piano prettamente simbolico) come se fosse il suo partner.
In altri casi l’adolescente svolge il ruolo di parental child dove tramite una inversione di ruoli il figlio gestisce i propri fratelli oppure deve consolare la madre depressa.
Anche il ragazzino che appare più forte e che si sente utile in una situazione del genere, vive una difficoltà e arresto nel proprio sviluppo psicoemotivo.
Continua.
Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767
1Tratterò il tema dell’affido del minore in maniera non troppo approfondita poiché non si tratta dello specifico oggetto d’analisi dell’approfondimento. In linea del tutto indicativa e statistica, riferirò alla configurazione più nota ovvero quella che comporta l’affido del minore alla madre. Voglio sottolineare che non condivido questa scelta come la più idonea sempre e a tutti i costi. Come credo che i padri non siano sempre del tutto tutelati.
2 C’è da dire che prima della pandemia erano maggiormente gli uomini che lasciavano la propria famiglia in luogo della costruzione di una nuova “vita”. Nei nostri studi dal 2020 in poi, stiamo assistendo a una inversione quasi, dei ruoli. Molte donne decidono sempre più di lasciare la propria famiglia abbandonando anche i propri figli. E’ qualcosa di cui va preso atto.