Il corpo ha una dimensione simbolica e una anatomica. L’immagine e la percezione del nostro corpo è inscritta nel nostro cervello, ma non è detto che questa immagine che vediamo riflessa nei nostri occhi sia l’immagine reale concreta.
Spesso l’immagine che noi abbiamo del nostro corpo può distanziarsi anche di molto dalla percezione che possono avere gli altri di noi. Ciò può accadere spesso durante l’adolescenza, quando il corpo è la via naturale per la scarica delle emozioni, delle pulsioni, delle angosce e della sessualità. Questa condizione può creare caos e confusione nell’adolescente.
L’adolescente si trova nella condizione di perdere il proprio corpo infantile e la “quiete” che lo caratterizza, per ritrovarsi ad avere a che fare con tutta una serie di cambiamenti che caratterizzano un corpo nuovo e “turbolento”.
Simbolicamente quel cambiamento significa perdere la sicurezza e la tranquillità di un corpo ormai conosciuto. I genitori erano i garanti di questa quiete apparente.
Quindi il passaggio dall’infanzia, alla preadolescenza e all’adolescenza, prelude ad una perdita del controllo e di integrazione dell’immagine corporea e della percezione del corpo. Questa condizione può ingenerare anche preoccupazioni per la propria salute, che se eccessive possono portare ad idee e sintomi legati all’ipocondria.

I sintomi legati ai cambiamenti che un adolescente affronta possono essere “fraintesi” e amplificati. Un adolescente insicuro e preoccupato per alcuni malesseri può male interpretarli e arrivare a farsi portare in ospedale, ad esempio. Queste manifestazioni ipocondriache sono spesso legate a periodi particolari e sono quindi passeggere, ma se non si interviene in tempo informando i giovani e le famiglie sulla reale natura dei loro sintomi, allora si può instaurare un circolo vizioso e un attitudine dell’adolescente all’amplificazione di malesseri normali, alimentando la sua insicurezza.
Il rischio è quello che si inneschi un clima ipocondriaco, dove (ad esempio) figlio e genitore, alimentano a vicenda le proprie ansie e le proprie paure. Questo meccanismo potrebbe essere interpretato come un modo inconscio del genitore di prolungare il tempo necessario alla figlia/o per distaccarsi, crescere e quindi diventare indipendente.
Tale passaggio evolutivo è necessario, ma spesso percepito come “doloroso”: il proprio bambino o la propria bambina non saranno più come un tempo, saranno quasi estranei e sconosciuti; il vissuto del genitore diventa allora quello si chi perde il controllo e ha timore così di poter esporre a pericoli i propri figli.
Dal punto di vista dei figli, il sintomo ipocondriaco, può rappresentare la paura di uscire dalla protezione dei genitori, da quel luogo sicuro, comodo e affrontare da soli le proprie responsabilità e le relazioni extrafamiliari.
L’ipocondria può inoltre rappresentare, “..una forma di ripiegamento sul corpo – ciò che ognuno ha di concreto, di immediatamente disponibile e di controllabile – quando l’ambiente esterno è percepito come estraneo, difficile, non accogliente..” (Anna Oliverio Ferraris).
“Finisce bene quel che comincia male”
dott. Gennaro Rinaldi