Una ragazzina giunta in consultazione su invio dei genitori, raccontava del suo canale youtube e dei suoi account disseminati su tutti i social possibili e immaginabili. Raccontava di tutti i like presi, dei complimenti per il suo aspetto, di tutti i ragazzi che volevano un appuntamento con lei e delle ragazze invidiose a tal punto da chiedere consigli su “cosa – non- mangiare, come vestirsi e come allenarsi”.. e tutto “per essere come me!”.
I colloqui si incentravano tutti sulle pose che la ragazza sembrava assumere ogni volta che varcava la porta della stanza; L. una giovane di certo carina e curata è la tipica adolescente social del momento.
Abbiamo innanzi un “corpo moderno”, abituato a riempire lo spazio in maniera non naturale e spontanea; il rimando è – infatti- la sensazione di finto o come direbbe lei, –fake– .
Poco c’è di naturale in L., nonostante la sua giovane età sa già come sfidare l’adulto, con lo sguardo o con ammiccamenti vari.. Attua una condotta seducente che poco ha in comune con l’età che dovrebbe essere connotata da spensieratezza e leggerezza.
“Dottoressa possiamo farci una foto insieme così la faccio vedere ai miei followers? Ma nemmeno la foto della targhetta, posso fare? Daaaaiiii Doc! Che palle.. Poi non hai nemmeno i social.. dico io.. come fai a dire di esistere se non ci sei nemmeno nel mondo?”
Ex-sistere, porsi fuori, nascere.. l’illusione di L., è che ponendosi fuori.. lì.. nella realtà simulata lei sia dotata di quella consistenza che nella real life, le manca.
(Dall’anamnesi emergeranno di volta in volta, notizie che faranno ipotizzare un disagio psichico molto radicato, in L).
Il malessere che spesso i giovani adolescenti portano sembra essere strettamente legato alla lacerazione dello spazio del privato.
Il mondo privato sembra essere assoggettato ed esposto ad una continua spettacolarizzazione che ha il compito di rendere meno opache le persone cercando, al contempo, di renderle più visibili.
In tale spettacolarizzazione rientra proprio l’uso dei social o di tutte quelle piattaforme che fanno largo uso di immagini e video; l’uso costante di fotografie e video, crea un paradosso notevole.
L’etimologia del termine fotografia, richiama ad un processo fotochimico per mezzo del quale l’immagine di un qualsiasi oggetto (o persona) viene fissata. Ciò che i social media consentono di fare, è postare ovvero aggiornare continuamente la varie bacheche online con contenuti personali (siano essi foto o video).
Ciò ha comportato la condivisione di materiale sempre più personale e privato, al fine di rendersi meno opachi e più visibili. Il futile tentativo di rendersi meno opachi, però, si scontra con la velocità con cui i social aggiornano il proprio materiale; spesso infatti le bacheche di questi social cancellano foto e video dopo 24 ore, oppure sono talmente intasate dalle continue condivisioni effettuate da ogni parte del mondo, da rendere meno visibile (ad esempio) l’ultimo video postato.
Nel tentativo di essere meno opachi e più presenti, paradossalmente lo diventiamo ancora di più.
“Dottoressa non mi sento molto bene, oggi.. C’era uno che mi guardava insistentemente nel pullman, prima. Odio essere fissata! E’ per questo che pubblico foto di me così mentre gli altri guardano la mia immagine, non possono vedere me, nella realtà.. Se non mi vedono nella realtà, non possono rendersi conto di quanto faccio schifo!”.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
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