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Psicologia sugli spalti: che succede?

Ritorna l’entusiasmante collaborazione con “Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli”, blog a cura dell’amico Giulio Ceraldi che, ancora una volta, offre la possibilità di portare una lettura psicologica nel mondo del pallone.

CHE SUCCEDE? CHE SUCCEDE? CHE SUCCEDERÀ?

Stamattina, come quasi ogni giorno della mia quotidianità ero intenta ad ascoltare il caro Pino Daniele. Da diversi giorni, aleggiava nella mia mente il testo della canzone “N’ata stagione”, un’altra stagione – per intenderci – ed ecco che con un profondo sussulto… ripenso all’altra stagione; quell’altra stagione che è diventata a tutti gli effetti, quella del nostro amatissimo Napoli.

Quello che sta accadendo nel Campionato italiano è qualcosa destinato a restare impresso nella memoria (prima di tutto) ma anche e soprattutto, nelle sensazioni, nel ricordo e nella storia della serie A.
Siamo stati sotto il predominio di una certa (o di certe, direi) società, aziende, le si chiami come si preferisce intendere in base alla centratura che si vuole loro dare, che sono state surclassate -adesso- da un’onda, uno tsusami azzurro.

Ma procediamo con calma e vediamo “che succere”

Succede che il Napoli guarda tutti dall’alto e si tratta di un Napoli costrutito -finalmente- allenato alla mentalità di gruppo; un gruppo che sa pure cazzeggiare con il pallone (l’elemento di godimento che i ragazzi provano, nel palleggio, è finalmente evidente), ma che sa soprattutto non cedere e mantenere fisso l’obiettivo.

Ora.. parlare di obiettivo è abbastanza complesso.

La parola “obiettivo” non mi è particolarmente simpatica, persino ai miei pazienti non metto mai il vincolo della suddetta parola poichè evita l’elemento del godimento e della passione sottessa all’azione che si va a compiere. L’obiettivo, il goal, è certamente ciò che un individuo vuole raggiungere attraverso la sua prestazione, si situa come quel qualcosa da tenere sempre in mente nell’affrontare l’obiettivo finale che si vuol raggiungere. Il goal deve essere specifico (circoscrivibile e non troppo generico), deve essere misurabile (più è definibile numericamente più facilmente, ad esempio, durante una stagione sportiva riusciamo a capire se è stato raggiunto o meno), deve essere accessibile (è insomma necessario che un gruppo o atleta siano realmente capaci di poter ipoteticamente raggiungere questo obiettivo), deve essere rilevante (non troppo facile insomma, per l’atleta; il goal deve essere qualcosa di pregnante così tanto da mantenere alto l’interesse e la sfida per l’atleta) e deve essere legato al tempo (va insomma chiarita la tempistica in cui vogliamo raggiungere l’obiettivo stesso: a breve o lungo termine?).

Quello che ho appena esposto in maniera molto concisa è il “Goal setting”, la definizione degli obiettivi che si fa di solito quando si prende in carico un atleta, una squadra, una società. E’ certamente una tecnica efficace e valida quando interagiamo con grandi società ma piuttosto fredda e meccanica.

Mi piace parlare, invece, di percorsi. Un percorso è un viaggio del tutto personale fatto in compagnia però dei compagni di squadra o -nel caso degli atleti- dei tifosi stessi. Il percorso allora diviene un viaggio fatto di ostacoli, vittorie, sensazioni, emozioni e -soprattutto- la cosa più importante: i ricordi.

Non sappiamo ancora bene “che succederà”… o forse sì….

Sappiamo però che i risultati di oggi sono il risvolto di un lungo percorso iniziato non ieri, non domani ma tempo fa; un percorso che ci ha fatto incazzare (e non poco), spesso disperare.

Stiamo facendo insieme (noi tifosi con la società tutta), un percorso non ordinario ma straordinario. Siamo affascinanti e avvincenti; siamo divertenti, giovani e belli. Siamo atleti e al contempo bambini che riescono a godere di quello che resta ancora, nonostante tutto, il gioco più bello del mondo: quello del pallone.

Allora: che succere… che succederà?

Questo non posso saperlo, ma al di là di ogni risultato, obiettivo o traguardo amo questo Napoli e la possibilità di potermi emozionare e vivere, sulla superficie della mia pelle e del cuore, la possibilità di vedere quella che un domani sarà -certamente- storia da raccontare.
E allora: Forza Napoli.. Sempre!

“Il calcio è una cosa seria! Il Napoli è una cosa seria!”

Dott.ssa Giusy Di Maio, Psicologa Clinica – appassionata di sport – Tifosa del Napoli.

Leggi l’articolo anche su “Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli”.

Pallone&Psiche, rubrica a cura dei Dott.ri Giusy Di Maio e Gennaro Rinaldi (ilpensierononlineare | Riflessioni e sguardi non lineari sulla Psicologia) in collaborazione con “Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli”, a cura di Giulio Ceraldi.

E questa è cultura che condivido per chi, come al solito, ha saputo solo offendere. Anche per voi ci sarà un’altra stagione che non sarà questa.
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Pallone & Psiche: 50 sfumature di emozioni

Giro di boa a cinquanta punti. Seconda a meno dodici. Impensabile, incredibile..

Nel mezzo del cammino di questo campionato e all’alba luminosissima di un nuovo anno ci stropicciamo gli occhi increduli e proviamo imperterriti ad accomodare la vista per avere la prova visiva e oggettiva di ciò che sta accadendo.

Il tifoso del Napoli sta vivendo questi giorni immerso in un mare magnum di emozioni crescenti, e pallide visioni di vecchi tormenti e paure, che ogni tanto tornano e vedono concretizzarsi in gelide e piovose sere di coppa.

Ma la realtà spesso supera l’immaginazione e i più fervidi desideri.

Eppure, se lanciamo uno sguardo alle nostre spalle, scorgiamo il ricordo dello stato d’animo del tifoso medio napoletano, nel periodo che precedeva l’inizio del campionato. Un umore altalenante e instabile.

Si galleggiava emotivamente e cognitivamente nell’ambivalenza estrema. 

Pallone & Psiche rubrica in collaborazione con il Blog di Giulio Ceraldi - "Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli"

Ma probabilmente era solo “pessimismo difensivo”, un atteggiamento adattivo che al tifoso napoletano,  permetteva di premunirlo e difenderlo da una possibile, ennesima delusione imminente. Una sorta di meccanismo di “controllo”, legato  all’anticipazione dei problemi e al controllo dell’ansia.

Forse quell’atteggiamento era il preludio ad una sorta di consapevolezza inconscia della potenzialità di un gruppo e di un progetto vincente. Allora piuttosto che inebriarsi di un pericoloso ottimismo “irrealistico” che avrebbe potuto far abbassare la guardia dinnanzi a possibili difficoltà e insidie future (già vissute, già viste) e quindi potenzialmente dannose per l’autostima, il tifoso ha deciso di far prevalere il più negativo pessimismo.  

Oggi forse ci stiamo risvegliando da quel torpore emotivo dovuto a quell’atteggiamento “preventivo” e a quella scaramanzia insita e caratteristica di buona parte di noi tifosi napoletani, che ci ha condizionato fino alla ripresa del campionato e addirittura fino alla partita delle partite.

Personalmente (e credo sia esperienza condivisa anche da altri), le emozioni che provo, in particolare post 5 a 1, vacillano tra incredulità, meraviglia, gioia e frenesia. E si sommano, ma crescendo pian piano, senza esondare (per il momento).

L’entusiasmo, che in questo momento è lo stato emotivo prevalente della squadra e dei tifosi, dovrà accompagnarci per il resto della stagione, perché permette all’autostima di crescere. L’entusiasmo garantisce anche la una maggiore e più efficace consapevolezza dei propri mezzi. Insomma l’entusiasmo è veramente come un carburante potente. Ma proprio perché l’entusiasmo ha il potere di inebriare e alterare gli stati cognitivi, c’è il rischio che diventi un’arma a doppio taglio e che alteri la percezione del pericolo e che abbassi il livello di attenzione.

Quindi meglio premunirsi con un po’ di quel pessimismo difensivo che ci ha caratterizzato nel recente passato; accogliamo l’ansia di ogni partita, anche quelle apparentemente più semplici, e utilizziamo il nostro entusiasmo bene, magari per riempire quei momenti di insicurezze e paure che ci accompagneranno fino alla fine di questo splendido viaggio.

Il calcio è una cosa seria! Il Napoli è una cosa seria!”

Leggi l’articolo anche su “Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli”.

Dott. Gennaro Rinaldi – Psicoterapeuta e tifoso del Napoli

 

Pallone&Psiche, rubrica a cura dei Dott.ri Giusy Di Maio e Gennaro Rinaldi (ilpensierononlineare | Riflessioni e sguardi non lineari sulla Psicologia) in collaborazione con “Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli”, a cura di Giulio Ceraldi.

L’uomo dietro il Supereroe

“Non me la sentivo più di essere un simbolo, di rappresentare qualcosa, di reggere tutto lo stress che procura questa macchina, questo calcio. Confesso la mia incapacità, la mia fragilità, anche se la mia presunzione, il mio orgoglio mi facevano apparire diverso.”

Diego Armando Maradona

Il supereroe è una persone eccezionale, dotata di poteri e capacità fantastiche e fuori dal comune. Utilizza le sue capacità per aiutare gli altri, in maniera disinteressata, spinto da una motivazione intrinseca di valore molto alta.

Il supereroe ha però quasi l’obbligo di offrire sempre prestazioni eccezionali. Chi guarda e spera nelle sue gesta “eroiche”, si aspetta sempre molto da lui.

Deve quindi essere sempre al top per aiutare gli altri e per essere da riferimento per tutti.

Ma a volte può capitare che anche Batman cade e credetemi “non succede nulla” (cit.).

Riconoscere, comprendere ed accettare le proprie difficoltà, i propri limiti, le proprie debolezze e fragilità, permette a se stessi di accedere ad una nuova consapevolezza su ciò che ci sta accadendo e rende decisamente più “forti” e pronti ad affrontare le difficoltà che arriveranno ancora.

Mostrarsi agli altri anche attraverso le proprie fragilità, ci rende decisamente più liberi e meno “appesantiti” dal fardello del giudizio altrui.

Anche un “Supereroe” deve potersi sentire libero di mostrarsi umano.

In una intervista di alcuni giorni fa su Relevo il calciatore Edison Cavani fa un bilancio della sua vita calcistica e personale e mette a nudo, senza alcun timore, le sue fragilità.

“La primera vez que fui a terapia fue tras la remontada del Barça al PSG”

E. Cavani
E. Cavani – Uruguay

Cavani rivela di essere in psicoterapia da diverso tempo, da quel giorno in cui, giocatore del Psg, subì con la sua squadra una “remuntada” incredibile. Il Psg perse 1 a 6 contro il Barcellona.

Alcuni possono pensare che sia solo calcio; cosa c’entra questo con la salute psicologica?

C’entra molto, anche perché attraverso la testimonianza di questi campioni può crescere l’attenzione verso la salute psichica.

Bisogna che ci sia una “normalizzazione” e una diversa attenzione al tema della sofferenza psicologica affinché si possa abbattere in maniera definitiva il pregiudizio e la disinformazione verso questo aspetto della salute individuale delle persone.

Gli atleti, sono esseri umani e come tutti hanno fragilità e soffrono pressioni esterne ed interne. Cavani lo descrive benissimo centrando e soffermandosi su alcuni temi molto interessanti. Alla domanda “Vai dallo psicologo?”, risponde così:

“Sono in terapia da molti anni. Siamo cresciuti in una generazione con genitori che ti dicono di non piangere, che non puoi rilassarti o esprimere le tue emozioni. Come se non potessi mostrare debolezza, quindi sei cresciuto con un guscio che ti fa pensare di essere più forte di tutti.

Ci sono persone molto capaci, ma alla fine finiscono per cadere.

Non sei un supereroe, quello che sa gestire tutto, aiutare la famiglia, segnare ogni domenica…

Ma a volte non ci ascoltiamo. Perché sta succedendo proprio a me? Per questo ci sono professionisti. La mia teoria è che tutti abbiamo bisogno di tutti, la vita è una ruota. Combattere per essere sempre il migliore è una bugia. Ci sarà sempre qualcuno sopra di te, che ha o sa più di te, è più carino di te, ecc.”

E. Cavani (dall’intervista su Relevo)

La relazione terapeutica è un fondamento essenziale nella psicoterapia e si basa sulla fiducia reciproca. Fiducia è anche riconoscere l’altro nei panni del ruolo importantissimo che riveste. In questo caso Cavani è chiaro e sicuro quando ha riconosciuto e compreso l’opportunità di affidarsi ad un professionista psicologo, che avrebbe potuto aiutarlo ad uscire da quel momento buio della propria vita.

Alla domanda “Quando iniziò la terapia?”, la risposta di Cavani è molto significativa perché fa comprendere quanto sia stato inaspettato, debilitante ed improvviso il “sintomo”:

La prima volta che sono andato in terapia è stato dopo il ritorno del Psg in casa del Barcellona (la remuntada: 6-1). Mi  colpì molto. In cinque minuti cambiò tutto quello che avevamo fatto. È un colpo così grande, che non puoi controllare e che, sebbene sia il calcio, tocca altre parti della tua persona, con sintomi di ansia, sudorazione fredda, avevo le vertigini ad addormentarmi e già prima avevo paura di addormentarmi. Mi chiedevo: “Ho un problema nella mia testa?”. Sono andato dal medico PSG, di cui mi fido molto, e mi ha detto: “Quello che sta succedendo a te, sta accadendo a molte persone in diversi settori”. E ho capito che non ero un supereroe.

E. Cavani (dall’intervista su Relevo)
E. Cavani con la maglia del Napoli

L’aspetto psicologico diventa fondamentale e centrale per il benessere della persona e in questo caso di un atleta. Se la mente funziona bene, allora anche il corpo si muoverà meglio; se la mente funziona bene, il corpo sarà in grado di spingersi persino oltre i propri limiti. Quando la mente cede, anche un “supereroe” difficilmente sarà in grado di utilizzare le sue capacità e i suoi super poteri al meglio.

“..Perdimos mucho tiempo por cosas que no importan. El fútbol cada vez es más mediático e influyente en la vida de los otros. Pero la salud mental es fundamental y en el fútbol falta.”

E. Cavani

La salute mentale è fondamentale e non va sottovalutata né nel calcio né nella vita di tutti noi.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

Psico – riflessioni calcistiche e meccanismi di difesa

Quello che sta accadendo nel Napoli in questa afosa estate 2022 è qualcosa di decisamente inaspettato.

Un’estate che rimarrà probabilmente impressa nella memoria storica del tifoso del Napoli per moltissimo tempo. Ci sono molti punti di vista a riguardo e ognuno racconta la sua verità.. ogni punto di vista probabilmente porta con sé un pezzo di realtà..

I più ottimisti parlano di estate della rifondazione, del ringiovanimento, i più pessimisti ci vedono invece un piano malefico legato ad azioni e idee presidenziali veicolate da puro piacere sadico; altri ancora vedono tutto in chiave economica e credono sia tutto legato alla bramosia del “vile denaro”.

Stamattina, riguardando per l’ennesima volta il video dell’addio di Ciro Mertens al Napoli (spinto dalla speranza che fosse solo un brutto sogno), mi è balzata in mente una possibile spiegazione a tutto questo.

Esistono nella nostra mente dei processi mentali difensivi (meccanismi di difesa) che si attivano in determinate circostanze, in maniera conscia ed inconscia per “proteggerci” da pensieri indesiderati, disturbanti, traumatici, ansiogeni, spaventosi..

Tra questi meccanismi di difesa ce n’è uno in particolare che si è insinuato nella mia mente e che può forse dare senso a tutto ciò che sta accadendo: la soppressione.

La soppressione è un processo difensivo, cosciente e volontario, della mente, che si attiva per evitare sentimenti spiacevoli o conflittuali, ma anche desideri, fantasie, ricordi ed emozioni che in qualche modo sono percepiti come potenzialmente portatori di ansia..

Quindi mi chiedo: e se questa serie di scelte, molto discutibili della società, di tagliare con tutte le figure più rappresentative e amate dai tifosi e dalla città fosse un modo per “sopprimere”, i ricordi, le emozioni, le fantasie legate a quelle figure ?

Quei giocatori portavano con sé, attraverso la loro presenza, un carico enorme di passione ed emozioni. Loro erano la chiave d’acceso a quei ricordi bellissimi di una storia recente fatta di bellezza, emozioni, passione e fantasie.

A volte anche i ricordi e le emozioni positive possono diventare “disturbanti” e insostenibili per alcune persone e alcuni “sistemi” che vogliono mantenere a tutti i costi determinati equilibri.

La soppressione in questo senso agisce per smantellare e sopprimere quegli elementi che stavano diventando ingombranti: “Se li lascio andare, li caccio e non me ne curo.. andranno via e mi lasceranno in pace.. non mi dovrò più preoccupare di loro e posso ricominciare, facendo finta che non sia successo nulla..”    

Scelte..

Ma i “meccanismi di difesa”, si sa, non possono reggere per molto tempo.

I ricordi, le emozioni, le fantasie forzatamente soppresse prenderanno altre strade e possono riemergere da un momento all’altro, attraverso sintomi e patologie psichiche, psico – somatiche e patologie sistemiche.

Purtroppo già si scorgono i primi sintomi..  

https://twitter.com/Ilpensierononl1/status/1550898703841607681

“Come dico sempre, Amore è uno scugnizzo napoletano.” Luciano De Crescenzo

Ti meritavi di più.. a presto #Ciro!

@dries_mertens14 #Mertens #SSCNapoli #ciro #dries #ilpensierononlineare #Napoli

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

Pallone & Psiche (la diretta)

Ritorna la diretta di Pallone & Psiche!!!

Appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati di Psicologia e per gli amanti del calcio e del Napoli.

Collaborazione tra il nostro blog di Psicologia Il Pensiero Non Lineare e il blog del nostro caro amico Giulio Ceraldi de Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli.

Torna oggi, mercoledi 25 maggio alle 18,30, la diretta di Pallone & Psiche.

Tanti ma veramente tanti gli argomenti che tratteremo in compagnia dei dottori psicologi (e amici) Giusy Di Maio & Gennaro Rinaldi del bellissimo blog di Psicologia Il Pensiero Non Lineare.

Il programma andra’ in onda in diretta streaming e “on demand” sui canali Facebook (clicca qui), YouTube (clicca qui) e Twitch (clicca qui e cerca ciucciomaglianapoli) de Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli.

Potrete interagire con noi inviandoci i vostri commenti.”

Vi aspettiamo!!

Pallone&Psiche – Napoli vittima di se stesso.

Tra auto – sabotaggio e comunicazione “superficiale”

(Puoi trovare questo articolo anche come “MASOCHISMO AZZURRO” in Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli)

Nonostante la giornata storica, 10 Maggio, per il calcio a Napoli. Trentacinque anni fa, nel 1987, il primo scudetto. C’è un pizzico di rammarico che serpeggia tra i tifosi. Tornando al presente infatti possiamo dire che quelle passate sono state giornate difficili per tutti i tifosi del Napoli.

Giornate avvelenate da una profonda delusione e da una rinnovata sensazione di sconforto e rabbia, legata a questo sentore di ennesimo “tradimento”.

Il tifoso mette, nella “relazione” con la propria squadra del cuore, un certo quantitativo di investimento “energetico” emotivo, che viene alimentato dalle risposte sul campo della squadra, dai comportamenti che la squadra ha, dalle dichiarazioni dei protagonisti, dall’impegno, dal rispetto..

Insomma quella tifoso/squadra è una relazione molto complessa.

Questa premessa per dire che non si può pretendere che i tifosi non abbiano reazioni emotive piatte. Il tifoso alimenta il suo amore per la maglia attraverso la passione, e la passione per definizione stessa è mossa da emozioni e sentimenti forti e turbolenti.

Quindi non si dica che la profonda delusione dei tifosi del Napoli sia “inspiegabile”, “insensata”, “immotivata”, “esagerata”..

Le parole sono sassi, come recitava una canzone di Samuele Bersani di qualche anno fa, e bisogna usarle bene, fare molta attenzione al loro peso, al loro significato. Quando si fanno certe dichiarazioni bisogna avere anche il coraggio di dire: “Ho sbagliato, scusatemi”.

I risultati devastanti di Empoli, e quelli in casa con Fiorentina e Roma, sono anche il risultato di parole mal dette (o maledette), e di una comunicazione apparentemente “malata”, da parte del nostro allenatore.

Pallone&Psiche, rubrica a cura dei Dott.ri Giusy Di Maio e Gennaro Rinaldi (ilpensierononlineare | Riflessioni e sguardi non lineari sulla Psicologia) in collaborazione con “Il ciuccio sulla maglia del Napoli”, https://ciucciomaglianapoli.com/ a cura di Giulio Ceraldi.

La sensazione, anche derivata dalle dichiarazioni post goleada contro il Sassuolo, è che la nebbia della confusione di quelle gare abbia alimentato una faticosa arrampicata sugli specchi.

Più o meno il senso delle dichiarazioni del nostro allenatore, anche in risposta alla lucida analisi di Mertens del post Sassuolo è: “Io il mio l’ho fatto, ho portato la squadra in Champions. Ho voluto alzare l’asticella, guardando allo scudetto, solo perché eravamo vicini e i tifosi lo volevano, ma non è colpa mia se la squadra è più debole delle squadre che ci precedono. Poi è vero che abbiamo perso in casa contro le ultime in classifica e siamo usciti da tutte le competizioni in maniera pietosa, ma abbiamo fatto due/tre ottimi risultati fuori casa a Milano e a Bergamo, dove non si vinceva da tempo. Da me che volete? Poi Mertens che parla a fare, è colpa loro se abbiamo perso, e non è vero che siamo forti quanto gli altri..”.

Nel post Torino poi arriva la ciliegina sulla torta, una perla, oserei dire: “A voi interessa se il prossimo anno si vince lo scudetto o no. Non se i giocatori vengono ad allenarsi anche quando hanno il giorno libero. No, quello non vi interessa”. Come sempre si sbagliano modi e tempi. Probabilmente in un momento diverso questa dichiarazione sarebbe stata apprezzata, ma ora non ha senso, è assolutamente fuori luogo.. 

Guardando al trittico di partite “incriminate” invece, si può fare un’osservazione interessante di carattere psicologico. Il Napoli probabilmente, è stato vittima di quello che in Psicologia si chiama Auto-sabotaggio.

In genere ci sabotiamo quando proponiamo a noi stessi aspettative irrealistiche, mirando al perfezionismo, ma partendo dal presupposto (probabilmente errato) che non siamo in grado di fare delle cose o che non siamo abbastanza capaci di farle. Quindi ci auto sabotiamo per paura di fallire

Quindi volendo portare ad esempio ciò che è successo al Napoli, si potrebbe ipotizzare che se ad esempio Spalletti (ma questo vale anche per la piazza, giornalisti tifosi, ma anche presidente) parte dal presupposto (più o meno inconscio) che se non lo abbiamo fatto prima (vincere lo scudetto o competere per due tre competizioni contemporaneamente), non siamo in grado di farlo.

Quindi nel momento più bello, quando pare che siamo veramente in grado di poter raggiungere quell’obiettivo, ci auto-sabotiamo, per paura di fallire. Come ad esempio è successo con le scelte poco felici sulle formazioni mandate in campo nelle partite “incriminate”, sulle sostituzioni e sui moduli adottati.

Si mettono, così, in atto comportamenti specifici ossia: ci convinciamo che possiamo “vincere lo scudetto” solo se possiamo essere più forti di quelli sopra di noi o se possiamo avere dei giocatori “vincenti” ed esperti e poi mettiamo in atto strategie strane a favore del fallimento (come ad esempio levare un attaccante, mettere giocatori fuori ruolo, infortunati o poco in forma, rinunciare ad attaccare e a giocare o affidarsi ad un modulo completamente inadatto ai propri giocatori e palesemente con poca resa).

Probabilmente come Napoli ci sabotiamo perché preferiamo la certezza e la prevedibilità rispetto all’ignoto  e operiamo un auto-sabotaggio proprio perché pensiamo di non valere abbastanza per meritare lo scudetto.

Ci facciamo influenzare da false credenze magari legate a pregiudizi sociali e sportivi negandoci il successo

Se fosse questo il problema, allora la domanda è: siamo stati vittima del “pensiero sabotatore” della piazza, dei calciatori, dell’allenatore o del presidente? O della commistione di tutti questi?

Gennaro Rinaldi, Psicologo Psicoterapeuta – Giusy Di Maio, Psicologa Clinica

Il calcio è una cosa seria! Il Napoli è una cosa seria!”

Pallone&Psiche, rubrica a cura dei Dott.ri Giusy Di Maio e Gennaro Rinaldi (ilpensierononlineare | Riflessioni e sguardi non lineari sulla Psicologia) in collaborazione con “Il ciuccio sulla maglia del Napoli”, https://ciucciomaglianapoli.com/ a cura di Giulio Ceraldi.

Pallone & Psiche – Quando l’allenatore fa la differenza..

Pallone&Psiche, rubrica a cura dei Dott.ri Giusy Di Maio e Gennaro Rinaldi (ilpensierononlineare | Riflessioni e sguardi non lineari sulla Psicologia) in collaborazione con “Il ciuccio sulla maglia del Napoli”, https://ciucciomaglianapoli.com/ a cura di Giulio Ceraldi.

Vi prego non svegliatemi ora..

Il sogno più dolce, pare essere più vivido, colorato e pieno di luce.. l’urlo liberatorio all’ultimo minuto, poi quella luce negli occhi di Fabian, di Insigne, di Elmas, di Spalletti..

Quella corsa sotto la curva, l’esplosione di gioia mista a rivalsa e a rabbia, per dei risultati che non raccontavano la verità di motivazioni e obiettivi di una squadra vittima solo della sfortuna e dei blocchi mentali legati ad un’autostima decrescente.

Spalletti negli ultimi interventi ha usato parole dirette e precise, nei confronti dei propri ragazzi, del gruppo. Ha preso posizione in pubblico, proteggendo il gruppo dagli attacchi esterni. Ma, ancora più importante, ha lanciato un messaggio preciso alla sua squadra, che più o meno è stato questo: “ Voi avete grandissime risorse e potenzialità, siete più di quanto gli altri hanno visto. Io credo in voi e credo nell’obiettivo più grande. Sono qui con voi e non vi lascerò da soli. Siamo forti!”

Per allenare e motivare gli atleti, gli allenatori d’esperienza e con mentalità vincente, adottano un approccio che favorisce le relazioni e incita i singoli calciatori all’autonomia. Ciò che davvero conta è il tipo di rapporto che il mister costruisce con i propri calciatori

Spalletti allenatore del Napoli – immagine google

La filosofia dell’allenatore “sergente di ferro” ha miseramente fallito con la scorsa gestione tecnica. Anche le ultime ricerche in Psicologia dello Sport hanno confermato che l’approccio più “vincente” è basato suo uno stile di coaching basato su un rapporto diretto con i calciatori e sull’ascolto.

Nel professionismo ad alto livello funziona meglio attingere alle dinamiche psicologiche delle interazioni sociali e alle motivazioni personali.

Secondo la teoria dell’autodeterminazione di L. Deci e M. Ryan (1985), gran parte del nostro comportamento è guidato da motivazioni interiori e non da spinte esterne. Inoltre, in base a diverse ricerche effettuate i due autori hanno potuto identificare tre requisiti: competenza, relazione e autonomia, che portano all’autodeterminazione e sono essenziali per il benessere psicologico degli atleti.

In poche parole i giocatori migliorano la propria competenza costantemente grazie alle capacità e all’esperienza dell’allenatore. Se l’atleta ha la sensazione di non poter imparare qualcosa dal coach, la relazione tra lui e il coach non funziona.

Il lavoro dell’allenatore vincente passa anche dalla relazione, gran arte del suo lavoro, infatti, consiste nel sviluppare dei rapporti e nel potenziare le motivazioni intrinseche. Il segreto è concentrarsi sugli aspetti positivi del gruppo e sulla costruzione dei rapporti interni, il motto dovrà essere “cura della relazione”.

Un ottimo allenatore, rivolgendosi alla propria squadra, dice sempre qualcosa di positivo.

Le persone hanno bisogno di sapere che sei dalla loro parte, prima di accettare quello che hai da dire.

Infine, bisogna che l’allenatore sostenga l’autonomia dei propri giocatori. È importante che i giocatori si sentano sostenuti, autonomi e responsabilizzati nelle proprie scelte di campo, sempre con il supporto del proprio mister che li incoraggia, suggerisce e indica soluzioni possibili.

Insomma, il nuovo corso di Spalletti, assomiglia tanto ad un corso potenzialmente fruttuoso, nonostante le innumerevoli difficoltà che abbiamo vissuto.

Quindi pazienza.. mettiamoci passione e supportiamo la squadra!

 Gennaro Rinaldi, Psicologo Psicoterapeuta – Giusy Di Maio, Psicologa Clinica

Il calcio è una cosa seria! Il Napoli è una cosa seria!”

Pallone&Psiche, rubrica a cura dei Dott.ri Giusy Di Maio e Gennaro Rinaldi (ilpensierononlineare | Riflessioni e sguardi non lineari sulla Psicologia) in collaborazione con “Il ciuccio sulla maglia del Napoli”, https://ciucciomaglianapoli.com/ a cura di Giulio Ceraldi.

“Finisce bene quel che comincia male”

Pallone & Psiche: la diretta!

Hey! Questa sera cosa hai da fare?

Bene… Ti invitiamo a seguire la nostra diretta.

Dalle ore 18:15 io e la dottoressa Giusy Di Maio saremo in compagnia del nostro amico/tifoso Giulio Ceraldi 

Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli https://ciucciomaglianapoli.com/.

“Potrete seguire la diretta di mercoledì 9 febbraio – alle sei e un quarto del pomeriggio – sui canali FacebookYouTube e Twitch (cerca ciucciomaglianapoli) de Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli.”

Pallone&Psiche è uno spazio dedicato alla riflessione a giro dove metteremo volto, parole ma soprattutto sentimento per parlare, insieme, del nostro amato Napoli ma anche di tutto ciò che concerne la relazione tra sport e psiche.

Allora… che fai? Sei curioso?

Seguici in diretta su Facebook, Youtube e Twitch.

Ti aspettiamo!

Dott.ri Gennaro Rinaldi – Giusy Di Maio