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Gli stadi del sonno.

Il post di oggi presenta al lettore, gli stadi del sonno. E’ la psicologia fisiologica ad occuparsi, nello specifico, del sonno e delle sue innumerevoli straordinarie implicazioni, per l’essere umano.

Buona Lettura.

(E buona notte!)

Il normale ciclo di sonno e veglia nell’uomo, implica che in ogni specifico momento, certi circuiti nervosi debbano essere attivati e altri disattivati.

Per secoli i ricercatori hanno ritenuto che il sonno fosse un fenomeno unitario, fisiologicamente passivo con funzione ristoratrice.

Nel 1953 Nathaniel Kleitman e Eugene Aserinksy dimostrarono tramite EEG – elettroencefalogramma- che il sonno è composto da differenti stadi che compaiono in una sequenza caratteristica.

Gli esseri umani scendono nei vari stadi del sonno durante la prima ora dopo essersi coricati. Inizialmente, durante l’assopimento, lo spettro di frequenze dell’elettroencefalogramma è spostato verso valori più bassi e l’ampiezza delle onde corticali aumenta leggermente.

Questo periodo è detto STADIO I DEL SONNO e dà origine alla fase leggera o STADIO II DEL SONNO, caratterizzato da ulteriore diminuzione della frequenza delle onde elettroencefalografiche e da un aumento della loro ampiezza, insieme alla comparsa intermittente di grappoli di impulsi ad alta frequenza, i fusi del sonno.

I fusi si manifestano come picchi di attività costituiti da scariche periodiche di impulsi di 10-12 Hz che durano generalmente 102 secondi e derivano dalle interazioni tra neuroni talamici e corticali.

Nello STADIO III DEL SONNO (che è una condizione di transizione dal sonno moderato a quello profondo), il numero dei fusi diminuisce mentre aumenta l’ampiezza dell’attività EEG e la frequenza continua a decrescere.

Nello stadio più profondo IV STADIO DEL SONNO l’attività elettroencefalografica prevalente consiste di fluttuazioni a frequenza molto bassa (0,5-4 Hz) e ampiezza elevata, dette onde delta (onde che danno il nome alla fase del sonno); assieme agli stadi III e IV sono noti come sonno a onde lente.

La sequenza degli stadi che vanno dall’assopimento allo stadio IV del sonno profondo copre un arco di tempo di circa un’ora.

Nell’insieme le fasi I-IV sono chiamate sonno NON REM (sonno non caratterizzato da movimento oculari rapidi).

Caratteristica principale del sonno non REM è essere un sonno ad onde lente ed è considerato lo stadio del sonno più profondo, essendo più difficile risvegliare le persone dal sonno ad onde lente. Dopo il periodo di sonno ad onde lente, le registrazioni EEG mostrano sonno caratterizzato da movimenti oculari rapidi o SONNO REM.

Le registrazioni EEG somigliano allo stato di veglia. Dopo circa 10 minuti di sonno REM, l’attività cerebrale torna indietro attraverso le 4 fasi del sonno NON REM.

Il sonno ad onde lente compare di solito precocemente in un episodio di sonno di 8 ore ma si ripresenta periodicamente durante ogni notte. In media si manifestano altri 4 periodi di sonno REM, ciascuno con una durata sempre maggiore.

Quindi le 8 ore di sonno notturno, comprendono diversi cicli alternati di sonno NON REM e REM e il cervello resta attivo per gran parte di questo tempo.

Per ragioni non chiare la quantità di sonno REM scende dalle 8 ore circa alla nascita. alle 2 ore a 20 anni ai 45 minuti a 70.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio

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Dormire…

“Come sono fortunate quelle persone che nella vita non hanno paure né terrori, per le quali il sonno è una benedizione che arriva ogni sera e non porta altro che bei sogni”.

Bram Stoker.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

I più comuni disturbi del sonno.

Il sonno è uno stato fisiologico caratterizzato da una interruzione dei rapporti sensoriali e motori che legano l’organismo al suo ambiente. Il sonno è inoltre uno stato fisiologico importantissimo per il nostro organismo e per la nostra mente, perché ci permette di ristorarci dopo ore di attività fisica e mentale.

Ma quali sono i disturbi più comuni del sonno? Eccone alcuni:

Sonnambulismo: è la forma più nota di parasonnia. La persona affetta da questo disturbo si alza e cammina durante la notte. Resta, nonostante la persona stia praticamente dormendo, la capacità di percepire gli ostacoli e ciò permette al sonnambulo di evitare di farsi del male. Gli episodi di sonnambulismo durano in genere pochi minuti e difficilmente si verificano più di una volta per notte.

Bruxismo: si tratta dell’abitudine di stringere le mascelle e digrignare i denti durante il sonno. Spesso è legato allo stress.

Disorientamento della coscienza: in genere si verifica durante l’infanzia, ma possono esserci casi anche in età adulta. Nel caso dei bambini, questi, piangono, si agitano e sembrano svegli, ma in realtà non è possibile stabilire alcun contatto con loro, per consolarli. Le crisi possono durare da alcuni minuti fino a mezz’ora.

Terrore notturno: sono attacchi di ansia e panico, accompagnati da tutte le caratteristiche sintomatiche degli attacchi di panico. Sul volto di chi è colpito è visibile l’espressione di terrore. Possono o meno essere associati ad incubi. In questi casi le persone possono essere risvegliate abbastanza facilmente.

Disturbo comportamentale della fase REM: in questo caso si parla di una alterazione della fase del sonno REM. In genere durante la fase REM (fase del sonno in cui si sogna) i muscoli sono a riposo, come se fossero paralizzati. Chi ha questo disturbo invece muove si riesce a muovere in base a ciò che sta sognando. Ovviamente i movimenti sono incontrollati e possono diventare pericolosi sia per il soggetto che ne soffre sia per il partner che dorme nel suo letto.

Allucinazioni ipnagogiche e paralisi da sonno: Nel caso delle allucinazioni ipnagogiche queste possono essere indotte dai sogni nel breve passaggio tra la fase del sonno e quella della coscienza del risveglio. Un esempio molto comune è quello della caduta: quando ci si sveglia di soprassalto con la sensazione di precipitare nel vuoto. Nel caso della paralisi da sonno invece ci si sveglia con la sensazione di sentirsi completamente paralizzati; questa sensazione può avvenire perché probabilmente ci svegliamo nel momento stesso in cui stiamo sognando. Essendo prima del risveglio in fase REM il corpo e i muscoli hanno ancora atonia muscolare, indotta proprio da quella fase del sonno.

Apnea: la persona che ne soffre può smettere di respirare per qualche secondo durante il sonno. Possono verificarsi, ad esempio, apnee delle vie respiratorie superiori, che possono verificarsi solitamente in soggetti obesi. Durante il giorno queste persone possono lamentare sonnolenza.

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“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

L’importanza del sonnellino.

Dormire dolce dormire.. sin dai primi giorni della nostra vita trascorriamo gran parte del nostro tempo dormendo. Il nostro cervello però non è mai a riposo, è sempre attivo anche nei neonati, anzi soprattutto nei neonati.

Il sonno sembra infatti svolgere un ruolo cruciale per il consolidamento dei ricordi e della memoria nelle prime fasi di sviluppo. Una ricerca pubblicata qualche tempo fa su “Proceedings of the National Academy of Science” ha dimostrato che un semplice sonnellino di mezz’ora può aiutare i bambini con meno di un anno di età (dai 6 ai 12 mesi) a migliorare la loro memoria. Lo studio ha evidenziato che proprio la possibilità di dormire nelle quattro ore successive ad un apprendimento (nello studio è stato mostrato un gioco con la manipolazione di peluche) migliora la capacità del bambino di ricordare quelle azioni che ha potuto osservare. Infatti nel gruppo di controllo, nei bambini che non avevano dormito dopo l’osservazione del gioco, questi non erano riusciti a ricordare le azioni viste precedentemente. Presumibilmente non erano riusciti ad assimilare il ricordo e quindi l’apprendimento di quelle azioni.

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Gli effetti positivi del sonno sono decisamente importanti nei neonati come per gli adulti del resto. Ma nei bambini è davvero cruciale il ruolo del sonno perché permette addirittura il corretto e pieno sviluppo delle funzioni cognitive, necessarie alla crescita.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

Pavor nocturnus: terrore notturno e bambini.

“Dottore il mio bambino nelle ultime settimane si sveglia improvvisamente di notte urlando e piangendo. È inconsolabile. Le prime volte ci siamo spaventati, perché non rispondeva e continuava a dimenarsi. Siamo distrutti. Ogni sera prima di andare a letto temiamo possa succedere ancora e non riusciamo più a chiudere occhio. In genere i risvegli sono tra le due e le tre di notte. Ne abbiamo parlato con lui, ma dice di non ricordare nulla e ci guarda stranito. Abbiamo provato a fare diverse visite, fortunatamente i medici non hanno riscontrato nessun problema e alla fine ci hanno consigliato di rivolgerci ad uno Psicologo. Cosa possiamo fare?!”

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Il fenomeno del terrore notturno è abbastanza comune e colpisce generalmente i bambini in età prescolare (2 – 3 anni con un incidenza tra il 10 e il 14%)  e fino ad un’età di 11 -12 anni dove c’è un incidenza sempre minore (tra 1% e il 3%). In casi più rari il Pavor nocturnus può interessare anche adolescenti o adulti.

L’ICD -10 definisce il Terrore notturno in questo modo:

“Episodi notturni di estremo terrore e panico associati ad intensa vocalizzazione, movimenti del corpo ed alti livelli di attivazione del sistema nervoso vegetativo. L’individuo si siede e si alza sul letto, di solito durante il primo terzo del sonno notturno, con un urlo di panico. Abbastanza spesso egli corre verso la porta come se cercasse di scappare, sebbene di rado lasci la stanza. Il ricordo dell’evento se c’è è molto limitato (di solito una o due immagini mentali frammentarie). “ (ICD 10 – F51.4)

Gli episodi di terrore notturno si verificano generalmente tra le fasi 3 e 4 del sonno non-Rem e bisogna distinguerlo da altri fenomeni  e disturbi legati al sonno come gli incubi e il sonnambulismo. Generalmente gli episodi di pavor nocturnus, nei bambini, si manifestano in maniera improvvisa durante la prima metà della notte. Il bambino di solito ha gli occhi sbarrati (ma possono essere anche chiusi), urla e piange e pare essere inconsolabile inoltre sembra non reagire affatto ai tentativi dei genitori di calmarlo. Spesso si manifestano anche sudarazione eccessiva, rigidità muscolare e tachicardia. L’episodio può durare diversi minuti e in genere quando termina, il bambino riprende a dormire.

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Il bambino tende a non ricordare nulla, al mattino, dell’esperienza notturna . Nei casi in cui riesce a ricordare, il bambino, racconta della sua esperienza paralizzante e raramente la collega ad un incubo.

Alcuni sintomi legati agli episodi di pavor nocturnus potrebbero essere confusi con episodi di attacchi di panico notturni (tachicardia, sudorazione, sensazione di soffocamento). La differenza più evidente tra i due consiste nella durata dell’attacco di panico che è di qualche minuto, mentre per un episodio di pavor può arrivare anche a trenta minuti. Altra differenza è legata al ricordo di quanto accaduto. A differenza del pavor, infatti, in casi di attacco di panico notturni, la crisi e ciò che è avvenuto la notte prima, in genere, viene ricordata senza particolari problemi.

Il decorso del disturbo da terrore notturno può andare incontro a remissione spontanea. In questi casi, non vi è una particolare frequenza degli episodi di terrore (circa una volta a settimana) e in genere le cause coinvolgono la sfera psico/emotiva.

È importante e utile usare delle piccole precauzioni che potrebbero aiutare e contribuire a non disturbare il sonno del bambino, e qualora si presentassero episodi, a tranquillizzare e normalizzare la situazione, ad esempio:

  • Bisognerebbe evitare l’uso di dispositivi tecnologici (tablet, smartphone, computer, console per videogiochi) prima del periodo dedicato all’addormentamento;
  • Evitare l’uso eccessivo di caffeina e di zuccheri;
  • Mantenere l’abitudine di un regolare ritmo sonno veglia;
  • Durante gli episodi, limitarsi a contenere e consolare il bambino evitando quindi di esasperare la sua agitazione;
  • Bisognerebbe, inoltre, evitare di colpevolizzare (anche involontariamente) il bambino nei racconti del giorno dopo, perché questo potrebbe aumentare l’ansia del bambino (se mamma e papà mi dicono che di notte mi sveglio urlo, piango e non li ascolto e non li faccio dormire, sarò inevitabilmente spaventato e sconvolto da questa cosa).
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Oltre all’utilizzo di queste semplici consigli è molto utile per i genitori e per la famiglia, approfondire il problema, quindi ciò che potrebbe causare questo stato di tensione emotiva nel bambino. È consigliabile pertanto rivolgersi ad uno Psicoterapeuta. Spesso capita che già dopo i primi incontri familiari il sintomo possa scomparire o diminuire. Può capitare infatti che il sintomo sia solo la cartina al tornasole di una situazione relazionale familiare percepita come destabilizzante, di tensioni e stress dovuti a periodi particolarmente critici e di cambiamenti importanti (nascita di un fratellino, cambio casa, perdita del lavoro dei genitori, separazioni..) o di disagi relazionali legati presumibilmente al contesto dei pari e dell’ambiente scolastico.

È molto importante sottolineare che, nel caso in cui gli episodi diventino più frequenti, e quindi si ripresentino più notti a settimana è opportuno rivolgersi a specialisti del sonno, pediatri o neuropsichiatri infantili per approfondire la diagnosi e quindi monitorare fisiologicamente la qualità del sonno del bambino per escludere eventuali cause fisiologiche ed organiche.

Escluse queste cause, come detto in precedenza, è utile e appropriato rivolgersi ad uno Psicoterapeuta.   

dott. Gennaro Rinaldi