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“Le donne sono stronze”.

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Rubrica Settimanale.

Disclaimer:

Coloro che inviano la mail, acconsentono alla resa pubblica di quanto espressamente detto. Tutte le informazioni personali (ad esempio nome), così come tutti gli altri dati sensibili, sono coperti dal segreto professionale e dalla tutela del cliente (ART.4,9,11,17,28, Codice Deontologico degli Psicologi). Le fonti di invio delle mail sono molteplici (non legate al solo wordpress).

La mail che condivido con voi oggi, mi colpì nel momento della lettura perché solleva dei quesiti -sottili- a cui tengo profondamente. Se c’è qualcosa che mi fa scappare, da alcuni, sono pregiudizi e stereotipi.

Per questione mia, culturale, mi tengo ben lontana da chi attua ragionamenti dicotomici (maschio/femmina; nord/sud) e così via.

Il pregiudizio è sempre una brutta storia.

Buona Lettura.

“Gentile Dottoressa,

scrivo a lei perché è donna come me e forse in questa cosa può aiutarmi. Sono una ragazza bella (e lo dico perchè lavoro come fotomodella e ho partecipato anche a quel famoso concorso di bellezza, con buoni risultati), che ama stare in compagnia degli uomini. Da sempre, mi sono trovata a mio agio con l’altro sesso, per amicizia e simpatia e le donne mi etichettano come una facile, frivola e sciocca.

Ovunque vada è sempre uno sguardo brutto, quello che ricevo, per non parlare di quelle sottili parole che però sento “questa la dà a tutti; ma chi si crede; bella senza cuore”.

Il problema però.. è che queste stesse donne che mi etichettano non sanno (o non si rendono conto) che io sono lesbica!

Il mio stare così a contatto con gli uomini dipende dal fatto che io stessa, ho una forte componente maschile in me.

Questa cosa che le donne sono sempre così stronze con me, mi ha fatto anche dubitare, ad un certo punto, della mia omosessualità.. ma alla fine.. inutile girarci intorno per me il maschio è solo un fedele amico ma la sfera intima a me, richiede altro.

Sono in difficoltà, mi sento ferma e stressata. Sì, sono una bambolina ma che colpa ho io se le donne non sanno essere realmente solidali e amiche tra di loro?”.

Cara ragazza,

la tua mail ha (ri)aperto pensieri che a lungo – nel tempo- hanno sedimentato in me.

Racconti di te, della tua carriera nel mondo della moda e dello spettacolo; del tuo essere una bambolina che però non è pura pezza o plastica nelle mani degli altri, ma sai di essere un corpo capace di sentire, pensare e scegliere.

La tua storia mi fa ripensare a Sex and the city, una serie televisiva che ha sempre generato sensazioni in me. La serie – che a mio modo di vedere- ha avuto un certo successo già solo per il fatto di recare nel titolo la parola sesso, mostra come le prime nemiche delle donne, siano le donne stesse.

Abbiamo Carrie che si strugge per un amore non corrisposto (quello di un certo Mr Big colpito da lei solo perché vede cadere, dalla sua borsa, svariati preservativi), e mentre lei corre per le strade di New York su tacchi vertiginosi, viene costantemente preceduta dalla sua stessa ombra; un’ombra che la vuole single incallita (che viene per giunta pure lasciata la prima volta, sull’altare).

Abbiamo poi Miranda, abile avvocato che pur di avere successo, gioca talvolta con la propria componente maschile. Miranda è interessante perché nonostante si sia sempre dichiarata a sfavore della famiglia e dei figli, si sposa, fa un bambino e perdona anche il marito per averla tradita (non prima di essersi trasferita in un’altra città e aver ridotto le proprie ore di lavoro).

Charlotte e l’eterna ricerca del principe azzurro e la famiglia perfetta; così presa da questa ossessione da cambiare religione ed essere (fino ad un certo punto), sterile.

Samantha la panterona.. una donna con una seria dipendenza dal sesso. Non si lega -mai- passa attraverso relazioni promiscue fino a fare coppia stabile per diversi anni con un giovane attore. Nel periodo della relazione seria e matura, Samantha cambia completamente se stessa, lascia la città e perde completamente il contatto con il proprio essere. Capirà poi che non ha bisogno di un compagno, nella vita.

So cara ragazza che ti starai chiedendo cosa c’entra questo libero flusso di pensieri.. c’entra nella misura in cui la rappresentazione che le donne danno spesso delle donne stesse, non è delle più amichevoli.

Non è tanto una questione di bellezza (nella maggior parte dei casi), ad infastidire l’altro, quanto la serenità d’animo e il percepire che l’altro stia mantenendo fede al proprio processo di costruzione di sé.

Hai presente quando qualcuno chiede “come stai?” e tu rispondi “bene” e l’altro dice “mi fa piacere”..

Ecco..

Perchè non dovresti avere “a piacere” che io stia bene?

Perchè i sorrisi e la serenità spaventano. Il velo di tristezza e rinchiudersi nella propria bolla scura e vedere nell’altro il buio, sa sempre dare più conforto.

Non sei bella, sei bellissima e ti stai ponendo domande, il primo punto per mantenere fede a quel che siamo; il primo punto per emanare bellezza fuori da sé e poco importa se l’altro di questo ne ha paura.

Le relazioni umane sono complesse ma al contempo sono anche la cosa più semplice (questo amo dire, di solito). Sono complesse perché davvero in pochi sono disposti a presentarsi per quello che sono, la paura del giudizio, del pregiudizio e di finire catalogati in un certo stereotipo è qualcosa di troppo forte da poter sostenere e in un’epoca dove la realtà sembra diventata una vetrina e la vetrina l’unico luogo a proteggere la realtà, le richieste che facciamo al nostro apparato psichico non sono delle più leggere.

Ho letto la tua lunga storia con profondo interesse; un interesse umano sincero ed empatico e scorgo in te profonde risorse..

..E.. permettimi di dire che le bambole -che siano di plastica o di pezza- le risorse non le hanno.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

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PsicoMusica: Pregiudizio e Musica.

Con il termine pregiudizio si indica un giudizio preconcetto negativo di un gruppo e dei suoi singoli membri. Gordon Allport definiva in “La natura del pregiudizio”, il pregiudizio stesso come “un’antipatia basata su una generalizzazione sbagliata e inflessibile”.

Una persona prevenuta e che attua un comportamento o una decisione basata sul pregiudizio, può provare antipatia per chi è diverso da lei e comportarsi in modo discriminatorio credendo l’altro ignorante e pericoloso.

Il pregiudizio è complesso in quanto è possibile che anche un atteggiamento “positivo”, condiscendente, sia in realtà volto a mantenere l’altro in posizione di svantaggio e sia quindi intimamente connesso col pregiudizio.

Le valutazioni negative che contraddistinguono il pregiudizio sono spesso sostenute da credenze negative e sono chiamate stereotipi.

Avere stereotipi vuol dire fare generalizzazioni. Le generalizzazioni influenzano ogni aspetto della nostra vita: possiamo generalizzare sulle persone, sugli alimenti, sull’abbigliamento e sulla musica.

In ambito musicale molte riserve -recentemente- vedono coinvolta la musica napoletana classica (e non).

Si dice scala di seconda minore o di seconda napoletana, una scala musicale molto usata nel XVII secolo dalla Scuola Napoletana e tutt’ora in uso presso gli autori di canzoni dal gusto vagamente arabeggiante e mediterraneo, nonchè nell’ambito dell’improvvisazione jazz. Questa scala musicale si presenta in vari sottotipi e in alcuni di essi vi sono elementi tonali che risalgono all’epoca classica greca (VII secolo a.C.).

In sostanza, ciò che secondo alcuni è volgare, stridulo o troppo malinconico, ha origini storiche/culturali ben precise.

Il gioco/riflessione di stasera è provare ad andare oltre il pregiudizio. Propongo l’ascolto di un paio di pezzi. Il primo “Il canto delle lavandaie del Vomero” diventò da canto d’amore, canto di protesta contro la dominazione aragonese. Considerato tra i primi esempi (se non addirittura il primo) esempio di canzone popolare, nonchè l’origine della canzone napoletana tra il duecento e il quattrocento.

L’altro pezzo è invece una cover di due voci evocative e pulite; Voci di talento e anema. Nei pezzi è intuibile la componente classica del ritmo e della melodia.

Non mi dilungherò su molti aspetti della questione; sono sempre stata convinta (e credo proprio che ancora lo sarò), che l’unica cosa a salvarci – oggi più che mai- sia la cultura

Conoscere invece di giudicare fa pensare, immaginare, mettere in relazione, modificare o restare nello stesso modo.

Conoscere fa muovere.

Buon movimento.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

Non ti conosco, ma sei pericoloso perché diverso da me. Cos’è, e come agisce il pregiudizio.

Salvo ulteriori specificazioni, Fonte Immagine “Google”.

Il pregiudizio è un atteggiamento negativo (preconcetto), su un gruppo e i suoi membri. Una persona può ad esempio provare antipatia per qualcun altro (senza conoscerlo) arrivando a modificare anche i propri pattern comportamentali, ovvero mettendo in pratica un atteggiamento discriminatorio. Parlare di pregiudizio non è semplice in quanto il concetto appare molto complesso; può infatti essere considerato “pregiudizio” , anche un atteggiamento condiscendente che serve invece – a ben vedere- a mantenere l’altro in posizione di svantaggio.

Il pregiudizio è spesso sostenuto da stereotipi (una credenza sugli attributi personali di una persona, o di un gruppo). Gli stereotipi sono sovra-generalizzati, imprecisi e soprattutto resistenti alle nuove informazioni; questo vuol dire che una volta che uno stereotipo si è insinuato, è molto difficile da scalfire. Dalle ricerche è emerso che:

  1. il pregiudizio è un atteggiamento negativo
  2. lo stereotipo è una valutazione negativa
  3. la discriminazione è un comportamento negativo, non giustificato, verso un gruppo o i suoi membri.

Inoltre il comportamento discriminatorio ha spesso origine in atteggiamenti pregiudiziali. Il pregiudizio rappresenta per bene il sistema del doppio atteggiamento, in quanto si possono avere sia atteggiamenti espliciti (consapevoli) o impliciti (inconsci) verso lo stesso oggetto (così come mostrato dagli studi condotti somministrando il test di associazione implicita di Carpenter).

Si tratta di un test che misura le cognizioni implicite (ciò che le persone conoscono senza esserne consapevoli), compilato online da oltre 6 milioni di persone; il test consente pertanto proprio di verificare se le persone tendono a comportarsi come realmente pensano/dicono, oppure no, in quanto sappiamo che non sempre le persone esprimono il loro parere. Inoltre dalle ricerche emerge che spesso le persone non sono neanche del tutto consapevoli del loro parere.

Gli atteggiamenti espliciti possono cambiare con l’educazione, mentre quelli impliciti perdurano e possono cambiare con la formazione di nuove abitudini. Numerosi studi mostrano come le valutazioni stereotipate possono avvenire al di fuori della consapevolezza. In alcune prove del test di Carpenter vengono ad esempio mostrate rapidamente facce o parole che innescano automaticamente degli stereotipi verso alcuni gruppi etnici, di genere o di età. Senza che ne siano consapevoli, i partecipanti all’esperimento vengono influenzati nelle loro risposte dagli stereotipi che si attivano automaticamente.

E noi? Siamo consapevoli/vittime dei nostri pregiudizi? Vogliamo metterci alla prova? https://implicit.harvard.edu/implicit/italy/

Dott.ssa Giusy Di Maio.