Il mondo e il tempo in cui viviamo pare siano in una fase di movimento e cambiamento convulso e disordinato. Potremmo dire che oggi, quasi tutti, in un modo o nell’altro, viviamo una vita in real, nel “reale” e una social, nel “virtuale” e che spesso queste si intersecano e si influenzano; a volte generando confusione, altre volte no. Come stanno cambiando le nostre interazioni?
Come le nostre identità?
Scopriamolo insieme.. buon ascolto.
Psicologia, Identità e Social – In viaggio con la Psicologia – Podcast
Oggi vorrei riproporvi un articolo molto interessante e attualissimo. Purtroppo in questo periodo storico siamo spesso invasi da notizie false o falsate, che possono confonderci, disinformarci fino ad alimentare paura e rabbia, spesso e volentieri insensate. Lo studio, l’apprendimento, l’esperienza e la conoscenza delle diversità, sono la chiave per la libertà di pensiero. Buona lettura!
In un epoca dove tutto ciò che succede passa da internet e dai social, siamo continuamente pervasi da innumerevoli informazioni, provenienti da diversi “mittenti” più o meno affidabili e conosciuti. Molte volte queste informazioni che (passivamente) riceviamo si rivelano essere false e inaffidabili. Perché facciamo fatica ad arginarle?
C’è un modo per poter imparare ad acquisire una buona autonomia mentale e maggior spirito critico ?
A volte se proviamo ad esercitare uno spirito critico e portiamo avanti un nostro pensiero senza un metodo si rischia di cadere facilmente nella credulità.
Vi porterò un piccolo esempio; se siamo convinti di un probabile complotto, che riguarda un qualsiasi evento che ci colpisce molto emotivamente, saremo portati a concentrarci solo su uno – due elementi dell’evento, senza provare ad analizzare tutte le possibili spiegazioni di ciò che è successo. Il nostro sguardo e la nostra attenzione sarà…
Oggi è con il pensiero del grande Totò, che vogliamo iniziare la nostra giornata.
“Finisce bene quel che comincia male” è un pò il mantra con cui da oggi, decidiamo di concludere, salutare e accompagnare tutti coloro che con tanto affetto, ci stanno seguendo. E’ un augurio, una speranza, una frase aperta e densa di significato.
Si tratta di una frase prospettica con cui tutti ci auguriamo di “truvà pace / trovare pace”, come invece Eduardo De Filippo, ci ricorda.
Ognuno nella vita ha calpestato strade dissestate; ha seguito percorsi dagli incomprensibili segnali. Ostacoli si frappongono quasi quotidianamente tra noi e i nostri obiettivi e la paura spesso aleggia sulle nostre scelte, ma nonostante tutto, non molliamo!
E’ proprio questo il messaggio che da oggi, decidiamo più che mai di voler condividere.. anche il peggiore degli inizi, può generare una magnifica gemma che se sapientemente coltivata, potrà dare vita a solidi rami e magnifici fiori.
Finisce bene ciò che comincia male, allora! e… Buona fine!
La piattaforma Netfix ha recentemente diffuso un nuovo contenuto di intrattenimento dall’emblematico nome “the Circle”. Otto concorrenti sono stati isolati in 8 appartamenti del – medesimo- edificio con lo scopo (che talvolta sembra una vera e propria missione di vita) di comunicare utilizzando un social network ad attivazione vocale: “circle”.
Il gioco consiste nel creare il proprio profilo online (con la possibilità di scegliere se essere se stessi, oppure usare un account fake) e nel cominciare a stringere alleanze, amicizie, possibili amori, il tutto con lo scopo di arrivare in finale , dove si apre la possibilità di vincere 100.000 dollari. Ogni tanto Circle invita i concorrenti a fare qualche attività “Insieme” (dove per insieme si intende sempre tramite l’ausilio della piattaforma e senza vedersi o sentirsi realmente); le attività consistono ad esempio nel partecipare a dei party, fare domande (scomode) al buio, senza che il ricevente della domanda sappia da chi questa parte, e l’attività per eccellenza ovvero dare i punteggi ai profili dei vari concorrenti.
Attribuire punteggi ha come conseguenza stilare una graduatoria dove i primi due diventeranno influencers con il conseguente “potere” di bloccare (quindi eliminare) un concorrente (che sarà poi sostituito).
The circle ha messo, chi scrive, quasi da subito in una strana posizione: ho sempre guardato ai social con diffidenza (consapevole tuttavia, come evidenziato da alcuni colleghi, delle loro possibili implicazioni in ambito terapeutico)1 ; credo – in effetti- di essere tra i pochi a non usufruire di alcuna piattaforma. Sono sempre stata fiera e orgogliosa nel poter scegliere del mio tempo, del mio spazio e dei miei pensieri; nell’avere la libertà di poter filtrare (con i miei, di filtri) contenuti, immagini, emozioni. Partendo da queste considerazioni, ho pertanto deciso di seguire il reality con molto interesse.
Ciò che the circle sembrerebbe fare, è pertanto porre l’attenzione o evidenziare, alcune delle possibilità offerte dai social media.
La prima osservazione a cui possiamo provare ad abbandonarci, consiste nel provare a riflettere su una delle possibilità data ai concorrenti sulla scelta in merito a se essere se stessi o meno (opzione scelta ad esempio da Seaburn Williams, che decide di usare le immagini della fidanzata e fingersi Rebecca). Il social apre pertanto alla possibilità di finzione facendo leva su un sottile equilibrio rappresentato dalla difficoltà /abilità del concorrente di essere un altro, pur restando se stesso2. Parimenti accade che anche coloro che decidono di restare se stessi, (come ad esempio la modella Alana), convinta che la strategia migliore potesse essere quella di mostrarsi sincera fin da subito : “sono una modella di biancheria intima”, vivano la difficoltà di non dover sembrare necessariamente reali -così tanto reali- da sembrare finti.
Narciso- Caravaggio.
Il reality sembra in sostanza elicitare ciò che Jacques Derrida indicò quando sostenne che ”lo straniero si trova già dentro” (Galiani R., 2009, La faccia dell’estraneo, il volto dello straniero. In Psicoterapia Psicoanalitica, p. 18) analizzando come la questione dell’incontro con l’altro, potesse riportare l’individuo a dover fare i conti con la propria “inquietante estraneità”. La dinamica portata avanti dal gioco (scegliere se essere o meno se stessi; il meccanismo dei voti secondo cui il mio destino è nelle mani dell’altro partendo però dall’immagine che io ho deciso di dare a te, pensando che quella ti sarebbe piaciuta di più) mi preoccupo in definitiva di rendermi interessante, brillante, accattivante (anche se nella vita di tutti i giorni non lo sono), ma qui.. sottoposto a giudizio costante, decido di offrire a te l’immagine di me che penso possa piacerti di più, (che poi sia reale o meno poco importa),è ad esempio il caso di Sean Taylor nella “realtà” ragazza in sovrappeso, che usa per avere il favore degli altri, l’immagine della sua amica taglia 38, fa sentire l’individuo come un infans che innanzi allo specchio ha bisogno della parola fornita dal sostegno umano “questo sei tu”, per dare senso all’immagine che la superficie riflettente gli rimanda (immagine che si scontra con una frammentazione interna). E’ ciò che Lacan sostenne in uno dei suoi seminari a Zurigo “Lo stadio allo specchio come formatore ella funzione dell’Io, 17 luglio 1949”, per illustrare il processo che coinvolge l’infans, innanzi allo specchio3.
Così come lo psicoterapeuta Rinaldi5 ricorda, “questa accettazione della propria immagine allo specchio rappresenta, secondo Lacan, 1949, la matrice simbolica in cui l’Io si precipita in una forma primordiale, prima che questi prenda la sua reale fisionomia attraverso le identificazioni secondarie e le risoluzioni delle varie discordanze che l’Io dovrà affrontare con la propria realtà”.
Si potrebbe quasi immaginare che questi soggetti così tanto dediti al mondo online, tanto da non avere problemi a trascurare o dimenticare la real life, siano in realtà individui profondamente “bisognosi di cure”, così come l’infans innanzi allo specchio ci ha mostrato (un infans ancora bisognoso del sostegno umano per la sopravvivenza; sostegno umano che lo nutre, lo calma, lo accoglie e gli fornisce una prima immagine di chi lui sarà.. è il questo sei tu.. ad indicare e a inscrivere l’infans in una tradizione -familiare- e in una provenienza -culturale- . Chi io sono, passa inevitabilmente per chi, in un certo senso tu sei (lignaggio di provenienza). Ecco che internet -il cyberspazio- potrebbe fornire una risposta a quella eco sempre più senza sosta che le persone oggi avvertono come fagocitante e incessante :”se ti dico chi sei, mi dici poi io chi sono?”
Dott.ssa Giusy Di Maio.
1“Mi preme comunque esprimere una mia idea riguardo il “potere terapeutico” del mondo virtuale e dell’uso del suo spazio come un setting individuale di autoanalisi. E’ in effetti possibile che vi siano miglioramenti nel comportamento patologico di alcuni soggetti e dei giovamenti a livello individuale, ma c’è il pericolo che ciò che si fa in rete possa essere confuso con ciò che si presuppone possa essere la realtà”. Rinaldi Gennaro, “La digitalizzazione dell’identità, un approccio psicoanalitico alla strutturazione dell’identità”, 2011, p.,74.
2E’ stato interessante notare come coloro che hanno scelto l’opzione di essere “altro da sé, pur restando sè”, siano ad un certo punto giunti innanzi al paradosso di dover specificare che il comportamento adottato (modi di fare, sentimenti, simpatia), seppur celato dietro un volto fake, fosse in realtà il vero comportamento e carattere della persona in questione “ho il volto di Mercedeze, ma sono sempre stata me stessa, Karyn; quella che hai conosciuto nel social, ero io.. solo con un altro volto” queste le parole di Karyn Blanco, nativa del Bronx definitasi lesbica felice nella sua relazione e nella sua vita, ma bisognosa di un corpo e un volto fake per attirare l’attenzione “avresti mai parlato con una come me?”.
3Si potrebbe pertanto immaginare la situazione dell’individuo (solo) innanzi allo schermo del pc, in preda a dubbi, sensazioni, sentimenti, come l’infans innanzi allo specchio.
4Jacques Lacan, Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’Io”, Comunicazione al XVI Congresso internazionale di psicoanalisi, Zurigo, 17 Luglio 1949.
5Rinaldi Gennaro, “La digitalizzazione dell’identità, un approccio psicoanalitico alla strutturazione dell’identità”, 2011, p.,19
Il cyberbullismo è la derivazione e l’evoluzione tecnologica del bullismo.
Quello del bullismo è un fenomeno tutt’ora diffuso e può essere definito come un’oppressione fisica e psicologica, continuata nel tempo, perpetuata da una persona percepita più forte, nei confronti di una percepita come più debole. Il bullismo riguarda in modo più ampio: ciò che subisce la vittima, il comportamento dell’aggressore/bullo e l’atteggiamento di chi assiste al fatto.
Il bullismo può essere diretto, indiretto, oppure, può evolversi e diventare “elettronico” (diventa quindi cyberbullismo) quando si passa dal piano del reale a quello del virtuale attraverso la diffusione illecita e perpetuata volutamente di messaggi, e-mail, foto, video offensivi (sulle diverse piattaforme social) creati ad hoc e di situazioni di violenze filmate da altri e non rispettosi della dignità altrui.
Spesso il cyberbullismo è legato a fenomeni di bullismo che avvengono nel reale ed è perpetrato con molta più facilità perché ancor meno controllato e gestibile. Inoltre gli atti violenti generati online influenzano anche le vite offline delle vittime e dei bulli.
Caratteristiche del Cyberbullismo.
Il
cyber bullismo ha alcune caratteristiche ben individuabili:
è pervasivo ed iper-accessibile: il cyber bullo, purtroppo, ha la possibilità di raggiungere la sua vittima in tutti i momenti e in qualunque luogo;
ha spettatori illimitati: il materiale messo in rete diventa fruibile da un numero elevatissimo di persone e può diventare incontrollabile;
persistenza nel tempo: il rischio maggiore è che il materiale, proprio per le caratteristiche del web, possa essere disponibile a tutti per troppo tempo, prima di essere arginato ed eliminato;
moltiplicazione ed emulazione del cyberbullismo: grave è anche la possibilità che le gesta e gli atti incriminati, diventino facilmente modello di emulazione;
mancanza di un feedback emotivo: chi attua il bullismo e lo divulga, chi segue e da spettatore fomenta, non riesce assolutamente a rendersi conto della gravità di ciò che perpetua, anche perché non vi è un riscontro diretto con le vittime e le loro reazioni.
Il cyberbullo spesso è una persona che conosce la vittima, ma può capitare anche che sia qualcuno estraneo e può essere supportato nei suoi comportamenti vessatori anche da altri cyberbulli.
La rete internet permette al sé di celarsi con più facilità e garantisce in apparenza maggiore protezione, anonimato e potere, sia sul tempo che sullo spazio virtuale, per il bullo.
Il cyberbullismo è un fenomeno subdolo perché complicato da individuare e di difficile denuncia da parte delle vittime, che in alcuni casi molto gravi può portare a depressione e al suicidio nelle vittime, come hanno mostrato, purtroppo, casi recenti di cronaca in Italia.
Nei casi meno gravi si può incorrere, in chi lo subisce ad un generale effetto negativo sul benessere personale, psicologico, emotivo e sociale. Spesso le vittime possono incorrere nella chiusura sociale, in problemi scolastici, disturbi dell’umore più o meno gravi, fobia sociale, perdita dell’autostima. Problematiche che unite ai cambiamenti psicofisiologici in atto nell’adolescenza (considerando che il problema del bullismo è più frequente nella fascia d’età compresa tra i 12 e i 17/18 anni) può davvero creare squilibri importanti a livello psicologico nelle vittime e nelle famiglie di queste.
Le conseguenze in genere coinvolgono anche i cyberbulli che corrono il rischio di sviluppare problemi nella sfera relazionale, comportamenti antisociali, abuso di sostanze delinquenza.
I numeri del Cyberbullismo
Secondo
l’indagine “I
ragazzi e il Cyberbullismo” realizzata da Ipsos per Save the
Children nel 2013, attraverso 810 interviste con questionari compilati
online da ragazzi di età compresa fra 12 e 17 anni, nel periodo che va dal 20
al 26 gennaio 2013, i 2/3 dei minori italiani riconoscono nel cyber bullismo la
principale minaccia del proprio tempo. Per tanti di loro, il cyber bullismo
arriva a compromettere il rendimento scolastico (38%, che sale al 43% nel
nord-ovest) erode la volontà di aggregazione della vittima (65%, con picchi del
70% nelle ragazzine tra i 12 e i 14 anni e al centro), e nei peggiori dei casi
può comportare serie conseguenze psicologiche come la depressione (57%,
percentuale che sale al 63% nelle ragazze tra i 15 e i 17 anni, mentre si
abbassa al 51% nel nord-est). Viene inoltre percepito come più pericoloso tra
le minacce tangibili della nostra era per il 72% dei ragazzi intervistati (percentuale
che sale all’85% per i maschi tra i 12 e i 14 anni e al 77% nel sud e nelle
isole, ), più della droga, del pericolo di subire una molestia da un adulto o
del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile.
In un’altra indagine più recente chiamata “Osservatorio adolescenti” e presentata da Telefono Azzurro e DoxaKids nel mese di novembre 2014, si è andato ad analizzare un campione di oltre 1500 studenti italiani di età compresa tra gli 11 e i 19 anni. Questa indagine ha mostrato come il cyberbullismo sia un fenomeno ben noto ai ragazzi: l’80,3% degli intervistati ha sentito parlare di cyberbullismo; 2 su 3 (39,2%) conoscono qualcuno che ne è stato vittima, 1 su 10 ne è stato vittima(10,8% degli intervistati; il 9,1% dei ragazzi ed il 12,6% delle ragazze). “Dalla stessa indagine è emerso che i ragazzi che sono stati vittime di cyberbullismo esprimono più frequentemente manifestazioni di disagio, quali difficoltà a dormire e poca voglia di mangiare, ma anche vissuti di solitudine e scarsa gratificazione nelle relazioni interpersonali, come ad esempio il timore di essere derisi dagli altri”(http://www.azzurro.it).
Secondo
i dati più recenti, i fenomeni in questione sono quindi in espansione (anche in
Italia) e sono di un importanza sociale fondamentale, perché si rivolgono ad
una fascia d’età che si avvia verso l’età adulta e che quindi può compromettere
seriamente la propria produttività all’interno del contesto sociale
d’appartenenza, in una situazione psico-socio-economica generale già molto
complicata.
Oggi ci sono numerose iniziative sociali governative e regionali di sensibilizzazione dentro e fuori le scuole e questo è un bene.
Bisogna però che la nebbia dell’indifferenza, della paura e del silenzio si diradi e che se ne parli di più nei contesti familiari e amicali, in modo da poter denunciare e intervenire più tempestivamente e potersi rivolgere subito a psicologi, educatori, insegnanti e anche medici in grado di aiutare le vittime, i carnefici e le loro famiglie.
Il mondo e il tempo in cui viviamo pare siano in una fase di movimento e cambiamento convulso e disordinato. A trent’anni dalla nascita del word wide web e quindi dalla diffusione di internet, possiamo arrivare probabilmente a comprendere adesso la portata che tale cambiamento tecnologico ha portato nel nostro quotidiano. È oramai abbastanza evidente che tali cambiamenti hanno condizionato e direzionato diversi aspetti della nostra vita.
Potremmo
dire che oggi, quasi tutti, in un modo o nell’altro, viviamo una vita nel real
nel “reale” e una social nel “virtuale” e che spesso queste si intersecano e si
influenzano, a volte generando confusione. Il web e tutti gli “ambienti” e gli
strumenti di fruizione che lo caratterizzano, tendono in un modo o nell’altro e
nel bene e nel male a “simulare la realtà” e ad “amplificare” tutto ciò che
viene esperito.
immagine google
In
questa nuova sezione del nostro blog proverò a soffermarmi, ad analizzare (per
quanto sia possibile e forse in maniera non esaustiva) quelle che sono state le
derive positive e negative, che tale impatto tecnologico ha impresso nelle
nostre modalità psicologiche legate alla comunicazione, alle relazioni, ai
comportamenti e alle emozioni.
Comincerò col parlare di uno dei fenomeni più allarmanti che rappresenta, probabilmente, una delle derive più negative e allarmanti del mondo internet: il cyber bullismo.
Vi invito però a dare un’occhiata anche ai link qui sotto. Sono argomenti trattati precedentemente e che hanno a che fare anch’essi con fenomeni legati al web e alle nuove psicopatologie.
“Whispering, Soft speaking, Tapping, Eating sound”, ovvero “sussurri, parole dette a bassa voce, picchiettii con le unghie su una superficie e rumori da masticazione del cibo”; si tratta di rumori noti come trigger, ma di cosa si tratta?
Cos’è l’ASMR.
Recentemente nel mondo del web, ha iniziato a proliferare una tipologia di video dal contenuto piuttosto particolare, che se da un lato ha trovato il favore di molti sostenitori, dall’altro crea non poche perplessità. I video in questione riguardano l’ASMR “Autonomous sensory meridian response” (risposta autonoma del meridiano sensoriale), ovvero una sensazione molto piacevole e rilassante, che dovrebbe essere avvertita in seguito alla visione o all’ascolto dei trigger.
Secondo i sostenitori dell’ASMR, si tratta di una sensazione che parte dal cuoio capelluto, per estendersi al collo fino a tutta la schiena: una scossa, un brivido che percorre tutto il corpo. Il profondo stato di rilassamento che le persone sostengono di provare, avviene in seguito alla visione di video o all’ascolto di determinati rumori-suoni, oppure dall’accorpamento di entrambe le attività.
Immagine Youtube
L’ASMR funziona?
A proposito della supposta capacità di indurre uno stato di rilassamento, secondo Tom Stafford, professore dell’Università di Sheffield: “È molto probabile che sia reale, ma attualmente è molto difficile la ricerca”. A causa della carenza di ricerche sul fenomeno, non è possibile affermare se tali video comportino o meno un reale senso di rilassamento generalizzato; inoltre un altro quesito ancora non del tutto risolto, concerne il supposto legame tra ASMR e sesso, in particolare con l’ orgasmo.
Esiste un legame con l’orgasmo?
Il dubbio che l’ASMR sia una nuova pratica legata alla sfera della sessualità, nasce da una duplice constatazione. Innanzitutto l’ASMR induce ciò che prende il nome di brain orgasm (orgasmo del cervello) che tuttavia, a detta di coloro che girano questi video, non ha relazione con l’orgasmo legato all’atto sessuale, ma indica semplicemente quel profondo stato di relax che sussurri, carezze virtuali, picchiettii oppure rumori di forbici, possono indurre.
L’altra constatazione, che apre a innumerevoli quesiti, nasce dopo la visione di un video di roleplay (gioco di ruolo), dove colui o colei che inscena la “situazione”, veste “i panni” di un’estetista, un medico, uno psicologo che sempre utilizzando sussurri, leggeri sbuffi, sorrisi o ammiccamenti vari, si “prende cura” di chi sta visionando la scena. In quest’ambito sono molto gettonati proprio i video che rientrano nella sfera della “cura personale”; tutto in sostanza è pensato per prendersi cura dello spettatore che si sentirà coinvolto e accolto in prima persona.
L’essere umano è messo al mondo in uno stato che (utilizzando il lessico Freudiano), è di Hilflosigkeit (disaiuto, inermità), una condizione che ne evidenzia da subito, lo stato di impotenza. Tale riferimento attraverserà tutta l’opera Freudiana partendo dal 1895 (Il Progetto di una psicologia), fino al 1925 (Inibizione, Sintomo e Angoscia), dove il termine sarà usato per indicare l’incapacità del bambino (piccolo), a compiere un’azione che sia finalizzata a scaricare quell’eccitamento endogeno (interno), a seguito di una variazione di uno stato omeostatico. Cosa significa quanto detto? se in sostanza un infante ha fame, sete, o sente dolore, non può da sé ovviare a tali bisogni, ma necessita dell’aiuto di qualcuno di esterno (pensiamo ad esempio a chi si prende cura del bambino), che immediatamente pone sollievo a tale “incapacità”, marcando da subito quella dimensione propriamente dell’essere umano caratterizzata dal bisogno di essere amato, che non lo abbandonerà mai.
L’ ASMR[1] appare pertanto come un mezzo immediato e di facile raggiungimento ( basti pensare al fatto che la connessione internet, ormai è presente in ogni abitazione), che consente al soggetto che si trova in uno stato di “inermità”, di poter trovare in maniera semplice e diretta, sollievo alla propria condizione.
Conclusioni.
Tuttavia è bene fare delle opportune considerazioni:
Le ricerche sul tema scarseggiano ancora
L’ASMR non provoca trigger in tutti gli ascoltatori
Anche i più fedeli alla tecnica, sostengono che dopo un vario numero di ascolti, i trigger non vengono più provati, ma si continua ad ascoltare e visionare i video per il puro piacere dato dalla compagnia di colui/colei, che si mostra.
Dott.ssa Giusy Di Maio
[1] È spesso rimarcato che a trovare giovamento da tali contenuti, siano soprattutto soggetti ansiosi, depressi o bambini con “DDAI” (Disturbo da Deficit di attenzione/iperattività).