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“I’m my own extension”

Immagine Personale.

Oggi vi propongo la lettura di un piccolo pezzo preso da un lavoro scritto da me nel 2011. All’epoca ancora poco (anzi direi nulla) si parlava in ambito psicoanalitico del mondo internet e delle psicopatologie ad esso correlate. Decisi quindi di approfondire l’argomento incontrando notevoli difficoltà proprio perchè la letteratura in merito era carente. Nonostante ciò riuscii nel mio intento ed oggi, rileggendo, mi sono reso conto di come questo lavoro a cui tengo molto, sia a tutti gli effetti ancora (forse di più) profondamente attuale.

“Se si chiedesse oggi ad un giovane adolescente o ad un bambino nativo digitale di rispondere alla domanda chi sei?, probabilmente la risposta non escluderebbe in nessun caso il riferimento ad un oggetto digitale che permetta l’interconnessione al mondo del virtuale. L’identità dipenderà necessariamente dai mezzi che il ragazzo ha a disposizione per esprimere sperimentare le molteplici identità nei vari contesti virtuali che frequenta.

La Turkle osservò, già a ridosso del 2000, il fatto che la gente fosse convinta che il computer potesse estendere la propria presenza fisica. Oggi più di prima la domanda che la Turkle si pone nelle prime pagine del suo libro – La vita sullo schermo- è di fondamentale importanza – stiamo vivendo una vita sullo schermo o piuttosto nello schermo?-.

Ella definisce lo schermo del computer come la nuova dimora delle nostre fantasie erotiche e intellettuali. Insomma, dopo un ventennio di assimilazione informatica e digitale, ci stiamo (come direbbe Piaget) accomodando, plasmandoci e uniformandoci a livello cognitivo ai nuovi modi di considerare l’evoluzione delle relazioni, dell’identità, della sessualità, della politica.

E’ molto interessante la metafora che la Turkle usa per rendere l’idea della potente stretta del computer (ciò che prima io descrivevo come dipendenza). Siamo sedotti da quell’Altro fittizio, proviamo una infatuazione per ciò che ci manca, quello di cui abbiamo bisogno per considerarci completi. Il computer, considerandolo in tutte le sue potenzialità, ci dà la possibilità di interagire con gli altri e con noi stessi. Ci dona l’illusione di essere con gli altri. Con il computer e con internet – si può essere solitari senza mai sentirsi soli-.”

La digitalizzazione dell’identità: un approccio psicoanalitico alla strutturazione della personalità nell’era del digitale.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott. Gennaro Rinaldi.