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La sospensione del tempo: lockdown e identità down.

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L’esperienza del lockdown ha segnato profondamente la psiche dell’umano.

L’essere umano, da sempre convinto di esser artefice del proprio destino (e del proprio tempo), ha vissuto una sospensione della propria esistenza scontrandosi con la realtà dei fatti: non sono sempre io a decidere del mio tempo.

I percorsi psicologici vedono chiamata in prima linea, la questione del tempo.

Il tempo sospeso, corso, rincorso; il tempo desiderato, lasciato andare.

Il tempo dedicato: a sé stessi, agli altri.

Il distanziamento imposto dal lockdown ha costituito una grande perdita per tutti quei percorsi di supporto psicologico, analitici o psicoterapeutici poiché ha spinto noi psy a riconsiderare forma, struttura e sostanza del setting stesso.

Tale cambiamento ha portato ad una ipertrofizzazione dei canali sensoriali (vista e udito) a discapito degli altri (olfatto e tatto).

Si è andati incontro ad una riattivazione dell’infantile frustrato proprio perché amputato di una parte dei suoi canali di espressione e comunicazione.

L’infantile concerne zone buie e aggressive, vissuti traumatici e reazioni difensive che sono tuttavia, nell’ambito di un percorso psicologico, passabili di elaborazioni.

Nelle sedute è possibile infatti nell’après- coup (posteriormente, successivamente), rivivere, rivedere il trauma, i lutti o le esperienze di vergogna e umiliazione così come le modalità difensive attuate dal paziente che -nel tempo presente- prova a proteggersi in qualche modo dalla catastrofe identitaria.

Lo squarcio provocato dal trauma, nella psiche del soggetto, colpisce così duramente i meccanismi di pensiero e gli stimoli percettivi, da lasciare un deficit che sembra un deficit cognitivo ma che di fatto è un deficit emotivo.

Eventi che comportano una rottura della fusione quali ad esempio lutti, possono portare a depersonalizzazione, derealizzazione, scissione.

Carenza o intrusione possono portare a falle nell’immagine narcisistica identitaria che può elicitarsi sotto forma di depressione, dipendenza, maniacalità oppure all’attuazione di difese autarchiche come nel caso della bulimia.

Ferenczi (1931) ne “Le analisi infantili sugli adulti”, ha evidenziato la possibilità di rintracciare l’infantile nell’adulto stesso, evidenziando come sia possibile (tramite il lavoro di analisi), rintracciare nell’adulto del tempo presente, tracce e organizzazioni infantili o che si sono formate durante l’infanzia stessa.

Diviene quindi fondamentale saper tollerare l’aggressività di questi pazienti dal tessuto identitario bucato; la loro negatività collegando pensieri e sentimenti.

Nella condizione di regressione, è possibile trovare una dimensione più vicina al processo primario che prevede un uso della parola priva del suo significato simbolico in cui il corpo assume un maggiore valore comunicativo.

Nell’incontro tra terapeuta e paziente, si viene a configurare quella relazione bipersonale che si situa come quella pelle contenitore (analogamente a quanto Anzieu descrive quando ci parla di Io Pelle), pellicola del pensiero che potrebbe rappresentare l’ambiente (Winnicott), che supporta il paziente nel lavoro di trasformazione che modifica e sostiene la crescita, la differenziazione e l’individuazione soggettiva del sé.

L’incontro terapeutico si configura -per la sua componente di accoglimento/accoglienza- come quel campo aperto per l’accesso all’inconscio e i suoi diversi livelli di elaborazione.

Il campo terapeutico, con le sue non regole e le sue possibilità di fare, disfare, creare, distruggere, vivere, rivivere, accettare o rigettare, si situa come l’unico luogo possibile di risignificazione del proprio vissuto emotivo.

(Lockdown o meno).

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio

Il “male di vivere”. Sintomi depressivi in aumento nella popolazione italiana

Da uno studio realizzato dall’istituto Superiore di Sanità basato sul sistema di sorveglianza PASSI (Progressi per le Aziende Sanitarie per la Salute in Italia – che raccoglie informazioni e monitora la situazione sui sintomi depressivi su campioni di adulti rappresentativi in Italia), durante le varie fasi della pandemia ed in particolare nei periodi di lockdown, si è registrato un aumento delle sintomatologie depressive in tutta la popolazione italiana ed in particolare tra i giovani tra i 18 ed i 34 anni di età.

Secondo questo sistema di monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità è la prima volta, dal 2008, anno di nascita del monitoraggio, che nella popolazione tra i 18 e i 34 anni c’è un aumento della sintomatologia depressiva nei giovani “..che in passato risultavano essere tipicamente un gruppo protetto a minor rischio” ; inoltre, un forte aumento c’è stato anche tra le donne. (fonte skynews)

Il male di vivere – shorts psicologia – ilpensierononlineare youtube

Non esitate a chiedere aiuto ad un professionista della salute mentale.

La salute psichica non deve essere sottovalutata e come la salute fisica deve essere salvaguardata e preservata.

Corpo e mente non sono due entità distinte.

Sono interdipendenti e il loro buon funzionamento è fondamentale per il benessere della persona e di chi gli sta accanto.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

Frustrazione.

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Il termine Frustrazione è stato introdotto la prima volta, nel 1923 per opera di Freud. Il concetto è stato successivamente ampiamente trattato sia in ambito clinico che di ricerca giungendo al suo uso, seguendo tre possibili accezioni diverse.

La frustrazione può pertanto essere intesa come: situazione, stato e reazione dell’individuo a eventi frustranti.

Diversi autori evidenziano inoltre come, tra le caratteristiche fondamentali della frustrazione, vi sia l’insolubilità di una data situazione, o l’impossibilità nel trovare nuove strategie di problem solving.

In ambito cognitivo comportamentale si sottolinea, inoltre, come per definire una certa situazione come frustrante, sia importante considerare la questione del rinforzo che può situarsi come assente (mancato rinforzo o inadeguato rinforzo/premio a seguito di una certa situazione) o un fallimento dopo un successo anticipato con il pensiero e il ricevimento (invece) di una punizione.

In generale Yates sostiene che la definizione univoca sul cosa sia la frustrazione è “una condizione in cui viene a trovarsi l’organismo quando è ostacolato, in modo permanente o temporaneo, nella soddisfazione dei propri bisogni o nel raggiungere uno scopo”.

Le cause che possono portare a uno stato di frustrazione sono molteplici e possono riguardare diversi aspetti contestuali: fisici, sociali, familiari e personali.

Lo stato di frustrazione viene pertanto definito come il grado di intensità e tolleranza nell’attitudine alla sopportazione di situazioni frustranti.

In letteratura gli studi sull’argomento si intrecciano e abbracciano la prospettiva (psicodinamica) che studia i meccanismi di difesa usati dall’individuo per fronteggiar situazioni interne/esterne vissute come frustranti e dall’altro lato, il concetto di coping, inteso come strategie coscienti per fronteggiare eventi stressanti.

Bisogna inoltre sottolineare la differenza tra la frustrazione e lo stress.

Lo stress comporta una anche una reazione fisiologica e un esaurimento o crollo del comportamento di adattamento; infatti mentre lo stress è la risposta a un cambiamento, la frustrazione è legata alla processualità che implica il mancato raggiungimento di una meta.

Molti autori, in seguito a studi sperimentali, hanno evidenziato l’importanza di gestire i processi frustranti nella costituzione degli schemi mentali (pertanto dell’intero apparato psichico), questo perché l’eccessiva frustrazione mal gestita o mal sopportata, sembra portare a stati psicopatologici.

L’esperimento di Barker:

Lo sperimentatore condusse uno studio che consisteva nella riproduzione di due stanze giochi allestite; una stanza presentava giochi comuni e banali mentre la seconda aveva giochi molto allettanti e interattivi. I bambini venivano lasciati giocare liberamente nella prima stanza poi venivano condotti nella seconda. Nella fase sperimentale successiva, i bambini veniva invitati, nuovamente, a giocare nella prima stanza con l’impossibilità di accedere nella seconda che restava tuttavia visibile ai bambini. Questa situazione produceva un evento stressante a cui i bambini rispondevano con comportamenti come pianto estremo, fuga, tentativo di avvicinarsi ai giocattoli; inoltre le reazioni erano molto più elevate nei bambini che erano apparsi da subito molto coinvolti e felici di poter giocare.

Dagli esperimenti è inoltre emerso che se il livello di frustrazione supera una certa soglia, l’individuo tende a mettere in atto meccanismi di difesa inadattivi e inefficienti come: regressione, aggressione, proiezione, fissazione, diniego, acting out…

Un uso massiccio di difese che sono ormai all’ordine del giorno..

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

Quando (anche) i giovani professionisti si stancano.

Una paziente – qualche giorno fa- ha avuto un profondo attacco di panico. La donna, sofferente di ipocondria, ha avuto un crollo in seguito ad una certa vicenda.

La sua ipocondria è aumentata a dismisura a causa delle continue, incessanti, pressanti, logoranti e nauseanti notizie messe in circolo per tutto ciò che concerne il vaccino.

L’attacco di panico peggiore che abbia mai visto (ha battuto anche quello di una persona di cui già parlai qualche mese fa), è stato talmente forte da lasciare ombra persino su noi psy.

Sono molto stanca.

Ho pensato.. ragionato..

Nessuno di noi può sapere, in una settimana, mese o anno quanti eventi fortuiti (negativi) possono accadere ad una persona; nessuno (perché prima della pandemia questi dati a noi non interessavano minimamente) sapeva quanta gente (giovani o meno giovani, in salute o meno), fosse morta all’improvviso senza alcun sintomo o malattia.

Hai presente Eriksen?

Un calciatore che a pochissimi minuti dall’inizio di una partita cade a terra (più morto che vivo) con il cuore che si ferma.

Bum.

Stop.

Controlli su controlli, allenamenti, alimentazione sanissima, vita regolare.

Eppure accade.

A me non interessa entrare nel merito delle polemiche: sono stanca ed è difficile contenere ogni giorno un disagio che a momenti, si fa tuo (sì.. gli studi sono pieni di gente che ha paura di morire e parlare della morte, continuamente, non ha nulla di affascinante o poetico).

Mi rendo conto che la logica ha abbandonato ogni sua logicità intrinseca e come dico sempre “ognuno con le sue scelte si rende libero” (però, la persona, deve avere il coraggio di portare avanti al 100% la sua scelta senza vomitare sull’altro, a mo’ di scarica pulsionale, miliardi di motivazioni).

Vi saluto dallo studio, col “bavaglio”..

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.