“Gli uomini sono come i fiumi: l’acqua è in tutti uguale e ovunque la stessa, ma ogni fiume è ora stretto, ora rapido, ora ampio, ora tranquillo, ora limpido, ora freddo, ora torbido, ora tiepido.”
Lev Tolstoj
La Natura, il verde, il suono del vento e dell’acqua permettono alla nostra mente di ritemprarsi e di rilassarsi.
Il Benessere Psicologico è determinato anche dallo stare bene nel proprio ambiente.. sulla nostra terra.
Nessun uomo può bagnarsi nello stesso fiume per due volte, perché né l’uomo né le acque del fiume sono gli stessi.
Eraclito
Passeggiare lentamente osservando il verde della natura e le sue numerose sfaccettature;
ascoltare i suoni che essa ci offre “gratuitamente” come in un concerto esclusivo, personale;
respirare l’odore della terra appena umida, delle piante e dei pini, degli abeti;
farsi accarezzare dal vento nel mentre si toccano con le dita, l’acqua del fiume e le piante intorno all’argine.
La natura ci inebria, ci avvolge e ci accoglie.
Tutti i nostri sensi quando ci immergiamo in una passeggiata in un parco, in un bosco, sono come invasi da sollecitazioni positive.
Il verde è un calmante naturale.. e solleva l’umore; il grigio delle città rende stressati e tristi.
Vorrei essere le radici di un albero, per crepare la terra e giungere fino all’essenza del nutrimento stesso, aprendo ad un circolo continuo di desiderio e vita.
Mi piace il vento perché accarezza le foglie e le sostiene…Le coccola e non le teme, ma le lascia volteggiare liberamente.
Le foglie si fidano e si lasciano giocare.
Mi piace il sole perché quando incontra la natura crea una sfumatura di colore che sa di lui e lei fusi insieme: sa di corpi caldi.
(C’è sempre qualcosa in te, che sa di me).
La propriocezione indica la capacità di percepire e riconoscere la posizione del corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei muscoli, senza l’ausilio della vista; è fondamentale “offrire” al proprio corpo un cambio di prospettiva, “muovendolo” in diversi contesti di vita.
Cambiare contesto -ambiente- fa sì che il corpo, percependosi in una diversa posizione/postura, arrivi a sperimentare nuovi assetti, nuove possibilità, nuove ricchezze che non sapeva di avere.
Un corpo che si sperimenta è anche una mente che si sperimenta, così come una mente che si sperimenta è anche un corpo che si sperimenta.
Mettiamoci in gioco come solo la natura sa fare: giocando.. sfidando o accarezzando… il vento…
E ti ritrovi immerso nel verde, circondato dall’azzurro del mare, più giù in lontananza.. e camminando tra le vie in salita, sul dorsale del vulcano dormiente, chiudi gli occhi e ascolti la musica dell’estate..
Ascolta, guarda e rilassati..
Abbiamo bisogno di prenderci un po’ di tempo per noi stessi..
Se puoi, metti le cuffie, fermati, guarda o se preferisci chiudi gli occhi e ascolta.. i suoni della natura e la voce ti guideranno in un’esperienza rilassante..
Chi ha (già) letto qualche mio post, sa il tipo di relazione che ho con la natura.. Conoscerà quasi sicuramente la mia (pessima) battuta “sono un girasole mancato“.
La questione è però reale.. ho bisogno di fare la fotosintesi quotidianamente e vivo seguendo il sole e la luce.
Ho una relazione potente e profonda con la natura, con la terra.. con il tutto da cui tutto viene a cui tutto torna..
L’altro giorno mi è capitato dopo un pò, di perdermi nel verde: finalmente!
Da camminatrice aggressiva quale sono, specie sotto il sole.. ho apprezzato il verde che avevo intorno lasciando il cervello respirare, perdendomi nel verde, riflettendo il giallo e sognando l’azzurro.
Avete presente quei micro momenti infinitesimali di gioia però intensa, piena e incontenibile ?
Basta così poco per viverli.. basta lasciarsi andare.. eppure è al contempo la cosa più difficile da fare.
Cosa ti fa stare bene?
“Non dimenticate che la terra si diletta a sentire i vostri piedi nudi e i venti desiderano intensamente giocare con i vostri capelli”.
Quanto siamo preoccupati per i nostri figli? Come è cambiata la nostra percezione dei bambini? Come noi adulti li consideriamo e come questo può influire sulla loro percezione del mondo e sul loro sviluppo psicologico, cognitivo ed emotivo?
Concordo appieno, personalmente con la definizione data da un Sociologo britannico, Frank Furedi, dei genitori della nostra generazione, ossia “paranoid parenting”.
In effetti, quella di genitorialità paranoica, è una definizione abbastanza forte e diretta, ma purtroppo, spesso e volentieri rispecchia appieno le caratteristiche di molti giovani genitori. Questo perché oggi si ritiene che i bambini siano fragili e debbano essere comunque e sempre protetti, da qualunque tipo di disagio, fisico o psichico.
Oggi gran parte della vita dei bambini è sotto il controllo attento dei genitori: a scuola, alla ludoteca, al parco giochi, dagli amici, alle feste, durante le attività sportive. Difficilmente restano soli e spesso non sono liberi di sperimentarsi.
L’ideale sarebbe lasciare delle libertà e offrire loro la possibilità di sperimentare le situazioni più disparate e complesse, sia durante il gioco, sia durante la quotidianità, a scuola, con gli amici e in famiglia. Ad esempio, l’effetto positivo sullo sviluppo cognitivo, del movimento all’aria aperta nei bambini è ampiamente dimostrato e attraverso il gioco all’aria aperta i bambini sviluppano anche capacità motorie e sociali.
Senza lo sguardo severo degli adulti è più facile lasciarsi andare e affrontare le attività di gioco in maniera più libera e spensierata. I bambini devono imparare a muoversi e ad interagire con il mondo circostante e solo con l’azione, l’esercizio e gli errori possono imparare ad affrontare le difficoltà e anche i pericoli. In tal senso l’ansia dei genitori può arrivare a consolidare nel bambino l’idea che il mondo sia un luogo pericoloso, brutto, sporco o inaccessibile.
L’intervento di una madre spaventata, che urla al suo bambino, che sta giocando saltando, “stai attento!!” può indurre nel bambino una paura irrazionale per un pericolo apparentemente inesistente. Un intervento simile, reiterato nel tempo genera un’estrema insicurezza nel bambino, che non ha potuto sperimentare, non ha potuto capire l’esito della sua azione, quindi non potrà apprendere da un eventuale successo o insuccesso, resterà con il dubbio e la paura di non potercela più fare. Ciò a lungo andare può consolidare l’idea nel bambino del mondo come luogo pericoloso, impossibile da affrontare senza l’aiuto dei genitori. Attraverso il gioco il bambino, simula, azioni e situazioni percepite come pericolose quando era più piccolo. Il gioco diventa quindi l’occasione di poter affrontare quelle paure e superarle, da soli o con gli amici, in modo sicuro. Se le situazioni percepite come pericolose dagli adulti, vengono sistematicamente ridotte e vietate ai bambini, resteranno e persisteranno, altrimenti sarebbero già state abbondantemente superate dagli stessi bambini. D’altra parte possono anche provare paura quando invece i genitori pretendono (esagerando) coraggio quando magari i loro figli non sono ancora pronti ad affrontare una determinata situazione.
L’eccessiva insicurezza e il timore del gioco può portare alcuni bambini a sentirsi poco capaci in tutte le attività. Tendono, infatti, a non muoversi facilmente, sono impacciati e poco coordinati e quindi si sentono emarginati e spesso umiliati. Preferiscono restare a casa a giocare “in modo sicuro” alla play o a guardare video sui social, piuttosto che uscire e giocare con gli amici.
La mancanza di movimento è un fattore di rischio da non sottovalutare: a risentirne è l’interazione sociale, la capacità di apprendimento, la capacità di comunicare con i pari, la fiducia in sè stessi e quindi è molto facile l’insorgenza di problemi psichici come disturbi dell’umore (depressione) e dipendenze.
La paura eccessiva dei genitori per ferite fisiche e psichiche, può avere paradossalmente l’effetto contrario e generare ferite psichiche più profonde e quindi più dolore e più problemi fisici.
Le ferite hanno anche lati positivi e permettono al bambino di crescere e conoscere il mondo. L’iperprotezione è dannosa per i bambini. L’apprendimento più duraturo e più efficace è quello basato sull’azione e sulla pratica.
Per concludere cito il grande Pino Daniele che nella sua “Yes I Know my way” :
Nella mia famiglia la “terra” ha sempre svolto un ruolo centrale. Mio padre amante dell’agricoltura da un lato, mia madre appassionata di fiori dall’altro.
Sono cresciuta mangiando prodotti freschi dell’orto; prodotti di cui vedevo i semi piantati, sopravvivere alle intemperie, crescere lentamente poi diventare splendide piante. Mi sono appassionata sempre di più al mondo delle piante, alla natura e ai fiori, tanto che per niente al mondo baratterei anche solo cinque minuti in cui posso stare scalza all’aria aperta, con un locale al chiuso, un centro commerciale o una discoteca.
In questi giorni di rientro dalle vacanze la tristezza fa – probabilmente- capolino. Settembre sembra portare quella “strana felicità” che Jovanotti canta “nell’estate addosso”.. L’idea di ricominciare la solita vita fatta di orari sempre più rigidi da rispettare, mezzi di trasporto in ritardo, ore di luce che vanno sempre più accorciandosi, fa sentire sopraffatti e se da un lato la quiete del mare o della montagna ci fa sentire carichi, pronti ad affrontare quello che per molti sarà un “nuovo anno”, dall’altro la prospettiva della quotidianità può fare spavento.
Cosa c’entra allora – dottoressa- il basilico in tutto ciò?
Di ritorno dalle mie vacanze, ho trovato sul balcone di casa cinque piantine di basilico completamente avvizzite (e pensare che prima di partire erano rigogliose e verdi!). In un primo momento ho provato un forte senso di colpa per non essermi presa cura di loro per una settimana, poi però, non mi sono data per vinta e ho deciso ugualmente di non negargli dell’acqua. Al primo sorso di acqua ho avuto come la sensazione che quelle piantine mi stessero ringraziando per essere tornata lì a prendermi cura di loro…
Il basilico era ancora lì, più verde, più vivo che mai.
E’ dal basilico quindi che possiamo trarre spunto per affrontare questo nuovo autunno che comincia lentamente a farsi strada nelle nostre vite.
Anche quando sembra che non ci sia più.. un briciolo di forza per andare avanti ci sarà sempre.. da qualche parte. Nelle situazioni più difficili, possiamo fare come le piante.. fidarci e affidarci a qualcuno (uno psicologo https://ilpensierononlineare.wordpress.com/2018/09/16/nelle-stanze-della-psicologia-a-colloquio-con-lo-psicologo/), che sapientemente saprà darci piccole gocce di acqua che sapranno nutrirci e spingerci a germogliare per affrontare la prossima stagione.